OCCORRE UN NETTO CAMBIO DELLA GUARDIA A PALAZZO MARINO, PERCHE’ LA CITTA’ DI AGOSTINO E AMBROGIO, DI FEDERIGO BORROMEO E MOISE’ LORIA, DI MANZONI E GADDA, TORNI A ESSERE LA CAPITALE DELL’ECONOMIA, DELLA CULTURA, DELLA SOLIDARIETA’ SOCIALE E DEL SENSO CIVICO
Editoriale per la Newsletter n. 151, pubblicato anche da l’Unità del 9 maggio 2011
Milano ha bisogno urgente di un profondo cambio della guardia per riscoprire la propria antichissima vocazione di città moderna.
La Milano di Pietro Verri e Cesare Beccaria, di Emilio Alessandrini, Guido Galli e Giorgio Ambrosoli, deve riscoprire la propria vocazione di capitale del diritto, della cultura delle regole, della trasparenza amministrativa, di quella civicness diffusa che tanto difetta nel nostro Paese, soprattutto al vertice. Di quelle civic attitudes che tanto difettano anche nell’amministrazione cittadina, a cominciare da una parte non trascurabile del suo Corpo dei Vigili urbani e dalle decine di dirigenti assunti tre anni e mezzo fa senza alcun criterio di competenza e senza neppure un accenno di fissazione di obiettivi specifici, misurabili e concretamente realizzabili, sui quali verificare la loro prestazione. Di questa cultura difetta evidentemente anche il Sindaco, che ha ammesso e mantenuto nella lista elettorale (dopo aver dichiarato pubblicamente e recisamente il contrario: “o lui o io!”) un candidato impegnato a ingiuriare e dileggiare pubblicamente la magistratura milanese. Come può Milano essere governata da chi qualifica i magistrati come terroristi, invitando la cittadinanza a disprezzarli?
La Milano di Bonvesin della Riva, della Società Umanitaria (che fu il primo esempio in Europa di una modernissima agenzia del lavoro) e della Caritas Ambrosiana di don Virginio Colmegna deve riscoprire la propria vocazione a essere la capitale della solidarietà fattiva e intelligente nei confronti dei più deboli e poveri: quella vocazione che invece la Lega Nord, aspirante partito di maggioranza relativa in seno al centrodestra, quotidianamente irride e dichiara di voler seppellire.
La Milano di Agostino e Ambrogio, di Carlo Borromeo e di Federigo con la sua Biblioteca Ambrosiana, di Carlo Porta e Alessandro Manzoni, di Carlo Emilio Gadda ed Eugenio Montale, deve riscoprire la propria vocazione a essere una capitale della cultura italiana e mondiale: prima di tutto rilanciando l’attuazione del progetto operativo della Biblioteca Europea, già compiutamente predisposto da Antonio Padoa Schioppa, che potrebbe dare splendore e prestigio alla Milano di Expo 2015, ma è invece abbandonato dall’Amministrazione municipale, solo per un motivo di faziosità.
La Milano di Maria Teresa, con le sue scuole normali organizzate dall’abate Francesco Soave (che furono il primo esempio in Italia di istruzione elementare gratuita e obbligatoria), di Carlo Cattaneo, di Moisè Loria con le sue scuole dei mestieri, deve riscoprire la propria vocazione di capitale dell’istruzione e della formazione professionale, voltando pagina rispetto a una troppo lunga stagione che ha visto città e Regione rimanere inerti di fronte al taglio dei fondi per gli insegnanti di sostegno, ha visto il patrimonio edilizio scolastico deteriorarsi oltre ogni limite, persino a rischio della sicurezza fisica di studenti e insegnanti, e ha visto il sistema milanese e lombardo della formazione professionale profondamente infiltrato dal malaffare e dalla frode ai danni del Fondo Sociale Europeo.
La Milano di Leonardo da Vinci e di Carlo Cattaneo deve riscoprire la propria vocazione di capitale della cultura tecnica e industriale, voltando pagina rispetto ai tre anni di sperpero di denaro pubblico e di impressionante paralisi nel progetto per Expo 2015; deve riscoprire la cultura ambrosiana del pragmatismo e del “fare” concreto, che nell’ultimo decennio è stata sostituita dalla politica del (solo) annuncio.
La Milano di Giuseppe Mengoni, Marco Zanuso, Pier Luigi Nervi, Gio Ponti e Gio Pomodoro deve riscoprire la propria vocazione di capitale dell’urbanistica, dell’architettura civile e dell’arredo urbano, che negli ultimi anni sembra essersi rovinosamente persa in una città ferita da troppi mega-cantieri senza capo né coda, come quello che deturpa la basilica di S. Ambrogio, avviato contro tutto e contro tutti e poi fermo da anni; come quello della Darsena nel cuore della città, fermo esso pure da anni e divenuto foresta di erbacce e nido di pantegane; come quello di City Life sull’area della vecchia Fiera, dove la furia cementificatrice è stata bloccata soltanto dalla cattiva programmazione finanziaria del progetto; come quello dei box di piazza Bernini, per il quale sono stati abbattuti alberi secolari, anch’esso bloccato da tempo. Una città il cui degrado civile e amministrativo è simboleggiato dai monumenti, dalle lapidi, dalle vetrine e ogni altra superficie capillarmente deturpate dai graffiti.
Per questo cambio profondo di prospettiva, e per il corrispondente cambio della guardia necessario a Palazzo Marino, domenica prossima voterò Giuliano Pisapia sindaco e Stefano Boeri per il Consiglio comunale. E invito i milanesi che su questi temi la pensano come me a fare altrettanto.