JOB MILANO: COME EVITARE LA CATASTROFE PENSIONISTICA PER LA NUOVA GENERAZIONE

OCCORRE PARIFICARE LA CONTRIBUZIONE PER TUTTO IL LAVORO IN POSIZIONE DI DIPENDENZA ECONOMICA E GARANTIRE LA COPERTURA PREVIDENZIALE PER GLI INTERVALLI TRA UN LAVORO E L’ALTRO – MA PER QUESTO E’ NECESSARIA ANCHE UNA PROFONDA RIFORMA DELLA DISCIPLINA DEL RAPPORTO DI LAVORO

Intervista a cura di Christian D’Antonio per Job Milano, mensile della Cisl milanese, maggio 2011 – In argomento leggi anche, su questo sito, gli articoli di Tito Boeri pubblicati su la Repubblica l’11 novembre 2009 e su lavoce.info il 12 gennaio 2010 – Inoltre v. la mozione approvata dalla Commissione Lavoro della Camera all’unanimità, con la sola astensione dell’Italia dei Valori, il 10 novembre 2010


È d’accordo con chi pensa che se si facessero proiezioni sulle pensioni dei precari ci sarebbe una sollevazione popolare?
Sì. E se non fosse una sollevazione popolare, certamente sarebbe quanto meno una ulteriore grave perdita di credibilità di questo nostro sistema di welfare squilibratissimo a vantaggio della mia generazione e nemico delle generazioni nuove.

Come si può porvi rimedio?
Il disegno di legge n. 1873 per il nuovo Codice del Lavoro semplificato, che ho presentato due anni fa con altri 54 senatori, prevede innanzitutto una parificazione della contribuzione previdenziale per tutti i rapporti di lavoro in posizione di dipendenza economica: caratterizzati, cioè, dal fatto che il prestatore tragga continuativamente più di due terzi del proprio reddito di lavoro da una sola azienda, con il limite dei 40.000 euro di reddito annuo. Ma soprattutto prevede l’unificazione, per tutti questi rapporti, del regime del licenziamento: tutti a tempo indeterminato, tranne i casi classici di contratto a termine, tutti con le protezioni essenziali, ma nessuno inamovibile; e a tutti coloro che perdono il posto una solida garanzia di sostegno del reddito e di continuità contributiva per il periodo necessario al reperimento della nuova occupazione. In questo modo si superano entrambi i fattori del rischio pensionistico che corrono oggi i lavoratori di serie B e C: la contribuzione più bassa e i frequenti periodi di scopertura contributiva.

Esiste una flessibilità meno iniqua, più tollerabile, che dia risultati meno drammatici che quella che viviamo in Italia?
Il progetto che ho ora sinteticamente illustrato costituisce – mi sembra – il modo migliore per coniugare il massimo possibile di flessibilità per le strutture produttive con il massimo possibile di sicurezza per i lavoratori. Certo, qui la sicurezza non è costruita sull’ingessatura del singolo rapporto di lavoro: anche perché, quando poi viene l’acquazzone, anche il gesso si scioglie e il lavoratore resta con un pugno di mosche in mano. La sicurezza del futuro sta nella garanzia, su cui il lavoratore deve poter sempre contare, che in caso di perdita del vecchio posto il reddito non viene meno e, anzi, ci sarà un cospicuo investimento sulla riqualificazione della professionalità del lavoratore.

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