L’OPINIONE DI SERGIO COFFERATI E LA MIA SULL’OPPORTUNITA’ DELLA SCELTA DEL SINDACO DI FIRENZE MATTEO RENZI DI CONSENTIRE L’APERTURA DI ALCUNI ESERCIZI COMMERCIALI IN OCCASIONE DELLA FESTA DEL LAVORO (E NEL FRATTEMPO, PROCLAMANDO LO SCIOPERO PER IL PRIMO MAGGIO, LA CGIL COMMETTE UN ERRORE TECNICO)
Interviste a Sergio Cofferati e a me, rispettivamente a cura di Alessio Gaggioli e di Marzio Fatucchi, sul Corriere fiorentino, dorso di Firenze del Corriere della Sera, del 23 aprile 2011 – In margine alle due interviste va osservato che lo sciopero proclamato dalla Cgil per il 1° maggio costituisce quanto meno un’ingenuità: per legge, infatti, tolte le eccezioni relative ai servizi pubblici essenziali, i lavoratori hanno diritto ad astenersi dal lavoro godendo della retribuzione per la giornata festiva (che quest’anno si aggiunge alla retribuzione normale, perché la festa cade di domenica); se, invece, aderiscono allo sciopero, paradossalmente essi perdono il diritto alla retribuzione per quella giornata
SERGIO COFFERATI: E’ UN GIORNO SACRO
Sergio Cofferati ha ricoperto entrambi i ruoli. Lo chiamavano «il Cinese» quando da segretario generale della Cgil battagliava in piazza a difesa dell’articolo 18. Poi a Bologna diventato «il sindaco sceriffo» per il suo piglio decisionista. Ma con Renzi ha un’altra cosa in comune. Il Primo Maggio dell’anno scorso a Bologna i lavoratori del commercio scioperarono perché i negozi del centro potevano restare aperti, grazie ad una ordinanza firmata da lei nel 2009. A Firenze sta succedendo esattamente la stessa cosa.
«Piano. Io non firmai nessuna ordinanza per far restare aperti i negozi il Primo Maggio. Questa sarà una cosa che dice Renzi».
Cofferati, alcuni articoli sui giornali dell’anno scorso dicono il contrario.
«Guardi, a me non risulta, non avrei mai fatto una cosa del genere. Forse avrà fatto una deroga ulteriore il mio successore Delbono. Io la penso diversamente da Renzi. Un conto sono le festività per le quali c’è sempre stato un numero di giornate massimo in cui i commercianti potevano restare aperti. Un conto sono le feste come il Primo Maggio, il 2 giugno e il 25 aprile che sono sacre, che hanno un carattere simbolico e sono qualcosa di più di una semplice festività».
Lei da sindaco ha avuto discussioni anche violente con Cgil, Cisl e Uil. Pure lei come Renzi amava poco la concertazione.
«Ho avuto discussioni con loro, è vero. Ma sempre sul merito delle cose. Avevamo ragioni convergenti a volte e a volte no. Soprattutto sul bilancio del Comune. Dopodiché io ci credo molto nel valore della concertazione».
Eppure a Bologna lei era il «sindaco sceriffo» , quello delle decisioni anche a sorpresa.
«Io sostengo il metodo della concertazione che quando ha avuto delle regole definite in maniera preventiva ha sempre dato buona prova di sé. Certo bisogna sempre fissare tempi del confronto preventivo e anche la sua conclusione. Poi è un bene se quando si arrivati in fondo c’è l’accordo. Altrimenti ogni parte in causa è giusto riprenda la sua autonomia operativa. La concertazione non può essere un metodo che impedisce qualsiasi azione amministrativa».
Renzi è il rottamatore della politica e, sembra, anche del sindacato. La Cgil ha bisogno di rinnovarsi? Il sindaco dice: come può occuparsi dei lavoratori quando oltre il 50%degli iscritti sono pensionati?
«La Cgil ha delle regole che la politica ha ereditato dopo. In Cgil la direzione cambia ogni otto anni. E così è sempre stato. Quando ho smesso di fare il segretario sono tornato alla Pirelli. Credo che questo Paese debba molto ai sindacati e che qualcuno abbia purtroppo la memoria corta. Senza di loro oggi non saremmo in Europa e saremmo ai livelli della Grecia. Io poi quando si parla di sindacato non riesco a capire questo atteggiamento nei confronti dei pensionati. Meno male che c’è chi se ne occupa. Non credo che Renzi abbia nulla da indicare alla Cgil». (intervista a cura di Alessio Gaggioli)
PIETRO ICHINO: LA FESTA IMPLICA LIBERTA’ DI NON LAVORARE, VIETARE IL LAVORO SAREBBE UN COPRIFUOCO
«La Festa del Lavoro non può essere un coprifuoco. Il valore civile di questa festa sarà esaltato da una libera scelta dei lavoratori di astenersi dal lavoro, non da una imposizione autoritativa, che non ha fondamento giuridico» .
Professor Pietro Ichino, giuslavorista e deputato Pd: non esistono norme che possano impedire di lavorare il Primo Maggio?
«Sul piano giuridico, va distinta nettamente la regola del riposo domenicale, che impone un vero e proprio divieto di lavoro per più di 6 giorni consecutivi pur con numerose eccezioni, dalla regola del riposo festivo infrasettimanale. Quest’ultima è diversa, non pone un divieto di lavoro, ma attribuisce ai lavoratori il diritto ad astenersi dal lavoro conservando la retribuzione per un certo di numeri di festività all’anno: un tempo erano 16, oggi sono 11».
Cosa significa per il Primo Maggio?
«Questa festa rientra tra quelle infrasettimanali: da un punto di vista tecnico giuridico, non vi è divieto di lavoro, solo un diritto all’astensione dal lavoro retribuita. E chi sceglie di lavorare ha diritto alla doppia retribuzione».
La Cgil, come Cisl e Uil, obietta: molti dipendenti dei negozi sono precari, non hanno questo potere contrattuale nei confronti dei datori di lavoro, sono ricattabili.
«Tutto quello che può fare l’ordinamento giuridico è garantire la libertà del lavoratore e dargli il diritto alla retribuzione anche in caso di astensione dal lavoro, e la doppia retribuzione se lavora. Ma è il lavoratore, e solo lui o lei che può decidere se nel caso specifico è meglio lavorare o no. Non è in gioco né la salute, né la sicurezza del lavoro».
È in gioco una ricorrenza dal valore civile, comunque, oltre al diritto di stare con i propri cari in un giorno di festa.
«È vero: ma è anche vero che per molti soggetti terzi può essere necessario il lavoro altrui per poter meglio vivere quel giorno di festa. Se davvero non lavorasse nessuno, non si potrebbe viaggiare, assistere a spettacoli, accendere la luce, cuocersi una torta con un fornello a gas, e via così. In tutti i Paesi occidentali, l’ordinamento si limita a istituire un diritto di astensione dal lavoro in queste festività, non impone un divieto di lavorare. In questo vedo una pretesa un po’ illiberale da parte della Cgil».
Ma come valuta questo atteggiamento del sindaco Renzi, che ha cancellato la concertazione, al massimo ascolta sindacati e categorie?
«Distinguiamo: ci sono questioni in cui sono in gioco solo interessi di imprese e lavoratori, altre in cui ci sono interessi di terzi, come consumatori, utenti, turisti. In questo secondo caso è sempre necessario sentire anche i rappresentanti dei lavoratori, ma non può essere imposto il loro accordo come indispensabile: chi rappresenta l’intera collettività ha il dovere di decidere ascoltando tutti, ma senza attribuire ad alcuna delle parti interessate un potere di veto». (intervista a cura di Marzio Fatucchi)