LA STAMPA: DOPO LA SENTENZA THYSSENKRUPP E’ IL MOMENTO DI AUMENTARE PREVENZIONE E CONTROLLI

UNA PROPOSTA: ADIBIRE AL RUOLO DI ASSISTENTI DEGLI ISPETTORI DEL LAVORO GLI 8000 ADDETTI AL COLLOCAMENTO CHE DAL 1998 NON SONO PIU’ UTILI IN QUELLA FUNZIONE

Intervista a cura di Luigi Grassia, pubblicata da la Stampa il 17 aprile 2011

«Il tasso più elevato di infortuni gravi in Italia rispetto al resto d’Europa è dovuto soprattutto al tasso più elevato di lavoro irregolare e al difetto di cultura della sicurezza e della legalità – dice Pietro Ichino -. Una sentenza come quella sul caso Thyssen è importante per il principio che afferma, ma non può essere solo una sentenza severa a risolvere il problema: chi è abituato a disapplicare le leggi non cambia comportamento per la minaccia di sanzioni più dure».

Quali sono le misure che potrebbero migliorare le cose?
«E’ necessario innanzitutto promuovere in tutti i modi possibili la cultura della sicurezza. Inoltre intensificare i controlli. Duemila ispettori del lavoro sono evidentemente insufficienti su tutto il territorio nazionale, e restano insufficienti anche se si aggiungono gli ispettori delle Asl. Si potrebbe moltiplicare per tre o per quattro la loro efficienza se si adibissero a loro assistenti gli 8 mila ex addetti al collocamento che da 13 anni, da quando è stato abolito il monopolio statale della mediazione nel mercato del lavoro, non servono più in quella funzione».

Dopo questa sentenza gli stranieri avranno paura a investire in Italia?
Il caso Thyssen ha un aspetto di eccezionalità: la direzione aziendale, a quanto è risultato dall’istruttoria, conosceva l’esistenza di un rischio mortale per i propri dipendenti e ha consapevolmente accettato di correrlo. In questo sta il “dolo eventuale”. All’eccezionalità del caso specifico era giusto che corrispondesse l’eccezionale severità della sentenza. Ma non vedo in questo niente di minatorio nei confronti degli investitori esteri interessati a venire in Italia: all’estero questo principio verrebbe applicato allo stesso modo».

Lei dice: dirottiamo sui controlli gli addetti al collocamento che non servono più. Rientrano fra «I nullafacenti» di cui parlava un suo famoso libro?
«Magari non per colpa loro. Fannullone è un’espressione che ha una connotazione moralmente negativa: implica il non voler lavorare; nullafacente, invece, è anche chi è messo in condizione di non lavorare o di non poterlo fare in modo utile. Nel nostro impiego pubblico è forse più diffusa questa categoria della prima».

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