SE IL MANAGEMENT PUBBLICO ESERCITASSE LE PROPRIE PREROGATIVE, I CASI GRAVI COME QUESTO DI ASSENTEISMO ABUSIVO VERREBBERO SANZIONATI SUL PIANO DISCIPLINARE MOLTO PRIMA CHE SUL PIANO PENALE
Intervista a cura di Olivio Romanini, pubblicata sull’inserto bolognese del Corriere della Sera il 10 aprile 2011
La Procura di Bologna ha spedito l’avviso di fine indagini a 33 dipendenti del Ministero dello Sviluppo economico della sede emiliana, con l’accusa di truffa ai danni dello Stato. Nel corso delle indagini, realizzate anche attraverso il posizionamento di una telecamera interna, i magistrati hanno scoperto che i dipendenti fannulloni lavoravano solo poche ore al giorno e per il resto uscivano a fare altre cose, o andavano in palestra. C’era chi timbrava cartellini per colleghi. La cosa piuttosto interessante è che a far scattare le indagini è stato un lavoratore interno, che, stanco di assistere a questa situazione, ha presentato un esposto. L’altra cosa curiosa è che l’indagine riguarda 33 persone su un ufficio di 39 dipendenti e che tra gli indagati c’è anche un alto dirigente della struttura.
Lei nel 2006 ha scritto il libro I nullafacenti affrontando il tema piuttosto scomodo dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche che non fanno il loro dovere. Che effetto le fa venire a conoscenza di questa storia che avviene in un ufficio ministeriale?
Questo è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi analoghi. Quello che colpisce è che nel settore pubblico occorra sempre un intervento del giudice penale per portarli alla luce del sole.
Nel settore privato non accadrebbe la stessa cosa?
Nel settore privato sarebbe l’imprenditore stesso o un suo dirigente a far cessare un andazzo di questo genere. E il lavoratore colpevole verrebbe licenziato molto prima che intervenga il giudice penale. Invece, in questo caso abbiamo visto addirittura un dirigente colluso con i suoi dipendenti.
Anche un capitolo del suo libro parlava dell’inerzia dei dirigenti pubblici. In questo caso a dire basta, ad avere un moto di coraggio civile è stato un semplice dipendente che ha deciso di denunciare tutto. Come si può ottenere che la dirigenza pubblica faccia più seriamente il suo dovere?
Il dirigente è pagato molto di più degli impiegati, perché, in teoria, dovrebbe rischiare molto più di loro. L’articolo 21 del Testo unico delle norme sull’impiego pubblico prevede il licenziamento del dirigente per mancato raggiungimento degli obiettivi. Se questa norma fosse applicata con il dovuto rigore, il management pubblico sarebbe costretto a esercitare seriamente le proprie prerogative.
Ma per questo occorrerebbe che venissero fissati obiettivi precisi e misurabili e che poi ci fosse qualcuno che verificasse la loro attuazione.
Questo è il punto cruciale della questione. Oggi misurare con precisione la performance di un ufficio o servizio pubblico è possibilissimo. Questo dovrebbe essere fatto sia dai vertici dell’amministrazione, sia organi di valutazione indipendenti. A ogni dirigente dovrebbero essere fissati obiettivi specifici, realistici e misurabili. Dovrebbe essere ben visibile anche dall’esterno il livello di raggiungimento di questi obiettivi. E da questo dovrebbe dipendere la permanenza in carica del dirigente.
Lei è un parlamentare del Partito democratico. Ci sono progetti di legge o proposte per intervenire contro questo problema?
Il disegno di legge del Pd su questa materia, n. 746 del 2008, di cui sono primo firmatario con Anna Finocchiaro, è stato presentato un mese prima del disegno di legge Brunetta (che infatti portava il numero 847). Alcuni dei contenuti del nostro disegno di legge, proprio in tema di trasparenza e di valutazione indipendente, sono stati recepiti nella legge n. 15/2009. Ma poi, proprio per questo aspetto, quella legge è rimasta quasi interamente inattuata.
Che cosa è accaduto?
La stessa cosa che è accaduta sul terreno del taglio delle tasse, delle liberalizzazioni, delle grandi opere pubbliche: alla politica dell’annuncio, nella quale il governo attuale è fortissimo, non è seguito nulla. Tutto fumo e niente arrosto. Ho raccontato compiutamente i due anni di questa riforma nel mio sito, attraverso il Portale della trasparenza e della valutazione. È stato il Governo stesso a non crederci e a tagliare le gambe alla riforma.
Non pensa che ci siano state anche resistenze culturali nel Pd ad affrontare questo tema?
È vero. Il Pd è partito bene, all’inizio della legislatura, con il disegno di legge n. 746 presentato e discusso al Senato; poi, però, soprattutto alla Camera, ha mollato la presa. Ha prevalso la preoccupazione di non entrare troppo in rotta di collisione con i sindacati della Funzione pubblica.