PRECARI NELLA SCUOLA: COME SI SUPERA L’APARTHEID

FINCHE’ NON ATTRIBUIAMO AI DIRIGENTI SCOLASTICI VERE PREROGATIVE MANAGERIALI, VINCOLANDOLI A UN SEVERO CONTROLLO SUI RISULTATI, NON POSSIAMO ATTENDERCI CHE ESSI SVILUPPINO LA CULTURA E LE ATTITUDINI NECESSARIE PER UN GOVERNO EQUO ED EFFICIENTE DEL PERSONALE INSEGNANTE

Intervista a cura di Fabio Paluccio, per Labitalia, 31 marzo 2011 – Sulla non inamovibilità degli insegnanti pubblici nella scuola statunitense v. in questo sito l’articolo di Antonio Funiciello, Pd, sulla valutazione della scuola prendi esempio da Obama

Professore Ichino, lei nel suo intervento di oggi sul Corriere della Sera ha parlato della necessità di una riforma profonda nella scuola: “Da ora in poi tutti a tempo indeterminato ma nessuno inamovibile”. Ma cosa, vuol dire in concreto, ‘nessuno inamovibile’?
Significa, innanzitutto, che può esserci un periodo di prova adeguatamente lungo. Poi significa che, se occorre, nel nuovo regime l’insegnante può essere trasferito da un posto a un altro; e che, se la situazione lo richiede, l’insegnante può anche essere licenziato, salvo garantirgli le misure di sostegno necessarie nel passaggio alla nuova occupazione. Come accade pacificamente in Gran Bretagna, nei Paesi scandinavi, o negli Stati Uniti.

Questo è possibile nel contesto italiano attuale?
Occorre, certo, una legge che definisca questo regime per tutti i nuovi rapporti di lavoro. Ma per questo non ci sarebbero problemi di costituzionalità, poiché la Corte costituzionale ha affermato più volte che è legittima la differenziazione delle discipline applicabili in relazione al tempo di costituzione del rapporto. In particolare è legittima l’esclusione dalla nuova disciplina dei rapporti costituiti prima della sua entrata in vigore.

Ma per praticare questo nuovo regime occorre una dirigenza scolastica che sappia esercitare davvero prerogative manageriali.
Finché quelle prerogative ai dirigenti scolastici non le assegniamo davvero, imponendo loro un severo controllo dei risultati, non possiamo aspettarci che imparino a esercitarle. D’altra parte, se oggi affidiamo loro le decisioni inerenti all’ingaggio degli insegnanti precari e al rinnovo o no dell’ingaggio stesso, perché non potremmo affidare loro – magari responsabilizzandoli adeguatamente in relazione a obiettivi precisi e misurabili di costo e di performance – anche la gestione della flessibilità dei nuovi rapporti? E se finora abbiamo tollerato che 150.000 insegnanti fossero ingaggiati come impiegati pubblici precari, di serie B o C, perché mai non potremmo, d’ora in poi, prevedere per tutte le nuove assunzioni una unica “serie A”, con un periodo di prova adeguato e flessibilità molto maggiore rispetto al vecchio rapporto di lavoro ingessato dei professori di ruolo?

Che cosa può comportare questa riforma in termini di ammortizzatori sociali?
Resta sempre attualissima la questione di una riforma dei trattamenti di disoccupazione e della copertura previdenziale per i periodi di non lavoro. D’altra parte, a chi entra oggi come insegnante nella scuola non offriamo alcuna protezione di questo genere: il nuovo regime che propongo sarà dunque comunque migliore rispetto alla situazione attuale, anche in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali.

Lei ha parlato anche dell’esigenza di un ‘nuovo’ diritto del lavoro, da applicarsi al settore privato, per tutti i rapporti di lavoro da qui in avanti. Può delinearne i pilastri?
La riforma generale che propongo è contenuta nel disegno di legge n. 1873, che ho presentato al Senato nel 2009 insieme ad altri 54 senatori del Pd. In estrema sintesi propongo questo: da qui in avanti, esclusi i casi classici di contratto a termine per sostituzioni o punte stagionali, tutte le nuove assunzioni in posizione di sostanziale dipendenza dall’impresa avvengono con un contratto a tempo indeterminato, come prevede la direttiva europea n. 70/1999. Resta in vigore il controllo giudiziale contro i licenziamenti discriminatori e su quelli di natura disciplinare. Per i licenziamenti determinati da motivi economici od organizzativi, invece, il controllo giudiziale è sostituito da un regime di responsabilizzazione dell’impresa per la sicurezza del lavoratore nel passaggio alla nuova occupazione, entro un limite di tempo e di costo predeterminato.

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