MENTRE NON E’ DATO TROVARE UNA SOLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE CHE, IN APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA COSTITUZIONE, ABBIA ABROGATO O LIMITATO UNA LEGGE LIBERALIZZATRICE, E’ DATO INVECE TROVARNE NUMEROSE CHE APPLICANDO QUELLA STESSA NORMA HANNO ABROGATO O LIMITATO INTERVENTI DIRIGISTICI DELLO STATO NELL’ECONOMIA
Articolo di Stefano Ceccanti, professore di diritto costituzionale nell’Università di Roma, pubblicato sul Sole 24 Ore del 20 febbraio 2011
Luca Antonini sul Sole dell’11 febbraio afferma molte cose giuste in chiave anti-statalista e di valorizzazione del principio di sussidiarietà, le quali, però, non confermano affatto il suo tentativo di difendere la riforma dell’articolo 41 della Costituzione.
Trovatosi di fronte all’indubbio dato per il quale nessuna norma liberalizzante è mai stata dichiarata incostituzionale sulla scorta dell’ingiustamente vituperato terzo comma dell’art. 41 (scritto in una chiave volutamente e consapevolmente non dirigistica dal dc Taviani e dal socialdemocratico Meuccio Ruini) , Antonini prova a utilizzare l’argomento capovolto, essa avrebbe quanto meno il torto di non essere mai stata utilizzabile per far dichiarare incostituzionale nessuna legge di complicazione, di non aver funzionato da deterrente.
Il punto è che invece ciò è proprio accaduto in ben tre casi.
La sentenza 54/1962 rimosse una normativa pre-costituzionale che metteva vincoli sul commercio dell’essenza di bergamotto perché veniva violata la riserva di legge. La 78/1970 rimosse varie normative, per lo più pre-costituzionali, che ponevano vincoli all’iniziativa privata in materia di fiammiferi e apparecchi automatici di accensione. Già in essa si spiegava chiaramente che: “I programmi e i controlli che possono essere imposti alla attività economica privata (terzo comma del ricordato art. 41) non debbono poi sopprimere l’iniziativa individuale, potendo essi soltanto tendere ad indirizzarla ed a condizionarla.” Da notare l’estrema cautela linguistica di quel “tendere a”.
Pertanto, soprattutto rispetto alla legislazione precedente, già con queste due sentenze si dimostra che l’articolo 41, terzo comma, è stato ritenuto più liberalizzante e in grado di travolgere norme troppo dirigistiche.
Ma ancor più rilevante e decisiva è stata poi l’ultima sentenza che ha utilizzato tale parametro, la 548/1990, in un caso relativo a una concessione che rigettava l’istanza di autorizzazione al trasporto merci in conto terzi di un semi-rimorchio. Nelle motivazioni di tale sentenza si precisa che, sulla base dell’intero art. 41, compreso il terzo comma, “l’intervento legislativo non sia (possa essere) tale da condizionare le scelte imprenditoriali in grado così elevato da indurre sostanzialmente la funzionalizzazione dell’attività economica di cui si tratta, sacrificandone le opzioni di fondo o restringendone in rigidi confini lo spazio e l’oggetto delle stesse scelte organizzative”.
Esattamente gli obiettivi che si propone Antonini e che descrive nel suo articolo.
La pseudo-riforma vuole pertanto retoricamente sfondare porte già aperte, anzi spalancate.