“MILLEPROROGHE”: IL DISASTRO ISTITUZIONALE E LA VESSAZIONE DEL CITTADINO

PRIMA DI ANDARE A CERCARE OSTACOLI ALLA LIBERTA’ DI IMPRESA NELL’ARTICOLO 41 DELLA COSTITUZIONE, IL GOVERNO FAREBBE BENE A CONSIDERARE CHE IL RISPETTO DELLA LIBERTA’ DI IMPRESA, E PRIMA ANCORA IL RISPETTO DEI CITTADINI, E’ INCOMPATIBILE CON L’EMANAZIONE DI UNA LEGGE COME QUESTA: PER LA SUA FORMA E PER IL SUO CONTENUTO

Editoriale per la Newsletter n. 140, 21 febbraio 2011 – In argomento v. anche la lettera del Presidente della Repubblica ai Presidenti delle Camere e del Consiglio dei ministri del giorno immediatamente successivo, che ha indotto la Camera dei Deputati, in seconda lettura, a operare uno sfrondamento drastico del testo legislativo

     Ottobre 2010 – Dopo una gestazione durata più di due anni viene varata la legge-omnibus denominata “Collegato-Lavoro”: 50 articoli contenenti disposizioni alla rinfusa, norme-fotografia per risolvere casi particolari, rattoppi normativi sulle materie più disparate: gruppi sportivi delle Forze armate, privacy, previdenza, università, infermieri extracomunitari, orari e permessi, concorsi, licenziamenti, ispettorati, un’incredibile “riforma” dell’arbitrato che non può funzionare, per le sue contraddizioni interne e perché non ci si capisce niente; e altro ancora. Un guazzabuglio, censurato come tale dal Presidente della Repubblica, che invece il mio collega senatore Maurizio Castro, capogruppo PdL in Commissione Lavoro, ha difeso qualificandolo in termini di “stratificazione normativa virtuosa”.
     Febbraio 2011 ‑ Dopo quattro mesi di paralisi pressoché totale del Parlamento, impegnato a risolvere la non facile questione se la maggioranza esista ancora o no, ecco il nuovo prodotto di questa eccezionale stagione della “stratificazione normativa virtuosa”: il “Milleproroghe”.
     Già l’idea delle mille proroghe dà un’immagine disastrosa del nostro ordinamento statuale, nel centocinquantenario della sua fondazione. Perché i termini sono fatti per essere rispettati, non per essere prorogati; ogni proroga, invece, è la confessione di un inadempimento del Governo, oppure dell’incapacità del legislatore di regolare in modo credibile i rapporti tra i privati. “Milleproroghe” significa mille inadempimenti, mille prove di ineffettività della legge, mille messaggi contrari alla cultura delle regole e al senso dello Stato.
     Nel nostro Paese fissare un termine non significa nulla, perché normalmente esso è destinato a essere prorogato. Se non è ancora scaduto, s’intende: altrimenti il termine viene riaperto. Nel “Collegato-lavoro” dello scorso anno c’era una norma – molto discussa, ma entrata in vigore a tutti gli effetti nel novembre 2010 – che estendeva alla materia dei contratti a termine il termine di decadenza di 60 giorni già previsto da ormai mezzo secolo per l’impugnazione dei licenziamenti (l’idea non era in sé sbagliata, ma avrebbe potuto e dovuto essere attuata, in fase di prima applicazione, con maggiore gradualità). Sta di fatto che i 60 giorni dall’entrata in vigore di quella legge sono scaduti un mese fa, il 23 gennaio: da quel giorno dovrebbero dunque considerarsi precluse le impugnazioni dei contratti a termine terminati negli anni passati. Se fossimo un Paese serio. Invece siamo in Italia; e con il “Milleproroghe” il Governo avverte, ancora una volta: “Abbiamo scherzato”. Il termine già scaduto viene riaperto fino alla fine del 2011… salvo proroga ulteriore. E la norma è redatta in modo così affrettato e abborracciato, che il termine per l’impugnazione appare prorogato non solo per i contratti a tempo determinato, ma anche per i licenziamenti nei rapporti di lavoro ordinari. Il forte incremento del contenzioso è assicurato. Gli avvocati ringraziano.
     La norma in questione, peraltro, come qualsiasi altra in questa legge, è introvabile per chi non sappia dove è nascosta. Volete fare la prova? Ecco la pagina del sito web del Senato dove è pubblicato il testo del “Milleproroghe” trasmesso alla Camera per l’approvazione definitiva (un pranzo-premio con il ministro Sacconi per chi ci mette meno di un’ora a trovarla):
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00525324.pdf.
     La visione di questo testo legislativo è repulsiva. Sembra una caricatura del “Collegato-Lavoro”, il quale già non scherzava in fatto di farraginosità e illeggibilità. Cinquantasei pagine, nelle quali le disposizioni sono affastellate in un disordine impressionante, senza rubriche che aiutino nella lettura o nella ricerca, senza neppure una numerazione degli articoli e dei commi degna di questo nome. Così, per esempio, se vi dico che la proroga del termine per le impugnazioni dei contratti a termine è collocata nel comma 10 dell’articolo 2-quater, questo non vi aiuta affatto nella ricerca, perché anche questo articolo è difficilissimo da trovare: occorrerebbe chiarire se si tratta dell’articolo 2-quater del decreto-legge, oppure della sua legge di conversione, oppure ancora di una delle tante leggi che qui vengono modificate (insomma: per consentirvi di arrivare a quella norma, aggiungo che è collocata verso la metà della pagina 45 del documento del Senato).
     L’oggetto del “Milleproroghe”, ovviamente, non è limitato alla “materia sociale e di lavoro” trattata nell’articolo 2-quater: esso comprende anche una sorta di condono per 600 case abusive in Campania, una tassa sui biglietti del cinema, proroghe o riaperture di termini in tema di servizi trasfusionali, di smaltimento dei rifiuti, di provvidenze fiscali per il terremoto dell’Aquila e per l’eruzione dell’Etna, di finanziamento delle Autorità portuali, di gestione del personale scolastico, di rottamazione degli autoveicoli, di cooperazione internazionale di Polizia, di provvedimenti per “Roma capitale” (tre assessori in più per Alemanno, visto che occorre tagliare i costi della politica), di fecondazione assistita, di navigazione nei laghi lombardi, di blocco degli sfratti, di trasmissioni televisive, di informatica giudiziaria, di sgravi fiscali per le banche, di armi da fuoco portatili; poi un rinvio di pagamento delle quote latte a favore dei padani inadempienti e uno stranissimo provvedimento per la “salvaguardia della vita umana in acqua” (in nome della quale si espelle dal mercato – non si sa perché – chiunque abbia conseguito l’autorizzazione dopo il 31 dicembre 2009, ripristinandosi così de facto il monopolio della Federazione Italiana Nuoto per il rilascio della patente di idoneità ai bagnini: a proposito, come la mettiamo con la “frustata liberalizzatrice”?) e una miriade di altre materie ancora. Nessuno comunque si illuda di poter capire a prima (o anche seconda) lettura il contenuto di una qualsiasi norma in questa miriade: ogni disposizione è immancabilmente formulata come modifica e interpolazione di una legge precedente, onde il suo significato è comprensibile soltanto a chi la ha scritta e al suo mandante.
     Se questo incredibile pasticcio fosse il frutto di un arruffato dibattito parlamentare, lo si potrebbe forse capire, anche se non giustificare. Ma non è così. il testo su cui il Governo ha posto e ottenuto la fiducia mercoledì scorso al Senato è frutto di un “maxiemendamento” onnicomprensivo al disegno di legge di conversione di un decreto-legge dal contenuto assai più ridotto e circoscritto, che il Governo stesso ha redatto in beata solitudine e sul quale i senatori hanno potuto soltanto dire “sì” o “no” in blocco.
     Nel novembre 2009 l’Unione Europea ha pubblicato le guidelines per il buon esercizio della funzione legislativa da parte degli Stati membri. Sono contenute nel Decalogue for Smart Regulation, che raccomanda la semplicità e leggibilità di ciascuna disposizione, la proporzionalità del volume normativo alla materia trattata, l’attenzione del legislatore alla “copertura conoscitiva”, cioè ai mezzi necessari affinchè tutti i destinatari delle nuove norme possano con facilità informarsi compiutamente e tempestivamente sul contenuto delle nuove norme. Se dovessimo valutare quest’ultima legge alla stregua dei criteri delle guidelines europee, il voto sarebbe zero.
     Leggi come questo “Milleproroghe” costituiscono, per il modo in cui sono scritte, un attentato alla capacità dell’Italia di attirare investimenti stranieri: nessuno investe in un Paese la cui legislazione è illeggibile. Ma costituiscono anche una vessazione nei confronti di tutti gli italiani che sono chiamati ad applicarle. Prima di andare a cercare ostacoli alla libertà di impresa nell’articolo 41 della Costituzione, il Governo farebbe bene a considerare che il rispetto della libertà di impresa, e prima ancora il rispetto dei cittadini, passa anche attraverso una legislazione sobria, ordinata e facilmente comprensibile per tutti.

 

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