SFIDO IL GOVERNO A INDICARE UN SOLO CASO IN CUI LA NORMA COSTITUZIONALE ABBIA OSTACOLATO UNA LIBERALIZZAZIONE IN CAMPO ECONOMICO
Dichiarazione all’Agenzia di stampa AdnKronos, 8 febbraio 2011
Il Governo, presentando la riforma dell’articolo 41 come necessaria per l’opera di liberalizzazione e semplificazione del nostro ordinamento, vuole accreditare l’idea non vera che lacci e lacciuoli siano oggi imposti dalla Costituzione. Così facendo, il Governo cerca di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da tutti i propri atti che vanno in direzione esattamente contraria alla liberalizzazione dell’economia: per esempio la legge sull’ordinamento forense, di stampo schiettamente corporativo, che è stata fatta scrivere direttamente dal Consiglio Nazionale Forense e intorno alla quale proprio in questi giorni la maggioranza sta facendo quadrato alla Camera. Ma rientrano in questo quadro anche le prese di posizione “anti-mercatiste” e l’apologia del “posto fisso” che il ministro dell’Economia ha riproposto più volte in questa legislatura. Vi rientrano le marce indietro del Governo rispetto al principio di liberalizzazione sulle materie più varie, dalle libere professioni al commercio, dalle auto pubbliche al monopolio nel settore dell’approvvigionamento del gas. E vi rientra la chiusura ermetica del ministro del Welfare nei confronti del progetto del “Codice del Lavoro semplificato”, ispirato al modello nord-europeo della flexsecurity, presentato da 55 senatori dell’opposizione nel 2009.
Viceversa, per tornare all’articolo 41 della Carta, sfido il Governo a indicare una sola sentenza della Corte costituzionale che, in oltre mezzo secolo, abbia censurato una legge di liberalizzazione dell’economia. Si trovano invece numerose sentenze che, proprio in applicazione di quella norma costituzionale, hanno censurato interventi legislativi in quanto irragionevolmente lesivi della libertà di impresa.