LA RIFORMA E’ INCAGLIATA? BRUNETTA RISPONDE: VA BENE COSI’

POICHE’ IL MINISTRO NON HA RITENUTO DI RISPONDERE DI FRONTE ALL’OPINIONE PUBBLICA ALLE PRECISE DENUNCE CONTENUTE NELLA LETTERA DI DIMISSIONI DI UN MEMBRO DELL’AUTORITA’ INDIPENDENTE, GLI HO CHIESTO DI FARLO ALMENO IN PARLAMENTO – E IL MINISTRO HA RISPOSTO: RINNEGANDO UN PILASTRO DELLA PROPRIA RIFORMA 

Interrogazione presentata al ministro per la Funzione pubblica il 25 gennaio 2011 – Seguono la risposta del Ministro stesso, datata 17 febbraio 2011, e un mio commento in proposito


INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA n. 4-04423
dei senatori Pietro Ichino, Nicola Latorre, Enzo Bianco, Stefano Ceccanti,
Guido Galperti, Enrico Morando, Magda Negri, Paolo Nerozzi,
Achille Passoni, Giorgio Tonini e Luigi Vimercati
al ministro per la Funzione pubblica

 

Premesso che:

con lettera aperta inviata al ministro della Funzione pubblica il 14 gennaio 2011, parzialmente pubblicata sul quotidiano la Repubblica il giorno successivo, il professor Pietro Micheli ha comunicato le proprie dimissioni da componente della Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche (CiVIT); in tale lettera sono indicate criticità e fattori di blocco che impediscono alla Commissione di perseguire la missione istituzionale per la quale essa è stata istituita, sia in ragione delle lacune nella conduzione dello stesso organismo, sia per ragioni di contesto riconducibili a scelte compiute dal Governo. In particolare nella lettera sono evidenziati come fattori cruciali: il peso eccessivo  dato alla valutazione individuale rispetto alla valutazione della performance delle strutture amministrative; la rigidità del ranking nelle valutazioni individuali (il 25-50-25) che sta determinando la fuga dei dicasteri  più importanti dal campo di applicazione del d.lgs. n. 150/2009 (Presidenza del Consiglio dei ministri, ministero dell’Economia); l’assenza di fondi per i meritevoli; i limiti dei poteri della Commissione e le ingerenze del Governo nelle scelte puntuali connesse alla sua azione, che ne determinano un difetto grave di indipendenza; 

si chiede

   – come intenda il Ministro Brunetta porre rimedio al paradosso di una riforma progettata sul principio cardine della valutazione e tuttavia bloccata proprio per questo aspetto nei suoi possibili effetti, a seguito delle misure riguardanti il personale delle pubbliche amministrazioni contenute nel decreto-legge n. 78/2010;
   – se il Ministro non intenda intervenire sulla disciplina del decreto legislativo n. 150/2009 per promuovere migliori forme di valutazione delle strutture amministrative o di unità organizzative complesse di singole amministrazioni, basate sulla misurazione della rispettiva performance, in modo da superare, per queste ultime, il vincolo rigido nell’attribuzione delle valutazioni individuali (il 25-50-25);
   – se non intenda il Governo sostituire la logica dei tagli lineari alle amministrazioni con un più maturo sistema basato sulla misurazione della performance delle amministrazioni, per evitare di ridurre gli stanziamenti a quelle più efficienti, alla stregua di quanto si propone nel disegno di federalismo fiscale nei confronti delle amministrazioni territoriali, e che tuttavia non si è ancora applicato in quelle centrali;
   – per quali ragioni la Presidenza del Consiglio dei ministri e recentemente anche il ministero dell’Economia e delle Finanze non debbano sottoporsi al medesimo regime di trasparenza e valutazione delle altre amministrazioni centrali;
   – se il ministro non ritenga che la suddetta esclusione leda gravemente la credibilità del sistema e incentivi altre amministrazioni a sottrarsi dal modello di valutazione proposto, con il paradosso che mentre la normativa previgente (il d.lgs 286/1999) si applicava indistintamente a ciascuna amministrazione, la più recente riforma si ferma davanti alle amministrazioni più rilevanti;
   – come intenda il ministro assicurare che non si ripetano le gravi disfunzioni denunciate nella lettera del professor Pietro Micheli.

 

RISPOSTA DEL MINISTRO RENATO BRUNETTA 

 Scarica la risposta del Ministro in formato pdf

 

 

 

UN MIO COMMENTO
Nell’interrogazione presentata il 25 gennaio scorso, prendendo spunto dalle dimissioni del prof. Pietro Micheli dalla Civit, chiedevo al ministro la sua opinione e il suo programma d’azione per un rilancio della sua riforma delle amministrazioni e in particolare su tre punti critici:
   – come superare le gravi difficoltà che le amministrazioni stanno incontrando nell’attuazione della valutazione individuale e nell’applicazione conseguente del sistema di variazione della retribuzione secondo il rigido schema 25-50-25 stabilito nel d.lgs. n. 150/2009,
   – come superare la prassi dei “tagli lineari” imposti dal ministro dell’Economia, che sono il contrario del governo selettivo della spesa, fondato sulla valutazione,
   – perché mai la riforma non debba applicarsi anche alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dell’Economia.
   Sul secondo e sul terzo punto il ministro non risponde. Sul primo punto, invece, la risposta c’è ed è molto incisiva: occorre – dice il ministro – “non pregiudicare le attuali retribuzioni dei dipendenti pubblici”; per questo è stata stipulata l’Intesa del 4 febbraio, che garantisce a tutti l’intangibilità del salario accessorio percepito nel 2010. Ora, fermo restando che le retribuzioni pubbliche sono già state pregiudicate da questo Governo, che – con la manovra economica dell’estate 2010 – le ha bloccate tutte indiscriminatamente per un triennio, l’applicazione della riforma Brunetta non avrebbe sottratto alcuna risorsa al comparto: piuttosto avrebbe differenziato l’attribuzione individuale della voce retributiva variabile in rapporto alla valutazione della performance, secondo lo schema rigido per cui il 25 per cento dei dipendenti non la percepisce, il 50 per cento mediano la percepisce in misura intera e il 25 per cento migliore la percepisce in misura doppia. Affermare che, al contrario, il salario accessorio deve rimanere congelato nella misura (uguale per tutti) corrisposta nel 2010 equivale a disattivare l’ingranaggio principale della riforma.

     Fin dalla discussione in prima lettura della legge-delega noi avevamo avvertito il ministro del fatto che quel meccanismo del 25-50-25, così come era stabilito nel suo disegno di legge, era troppo rigido; e avevamo suggerito di concentrarsi, almeno nella fase di avvio della riforma, sulla valutazione della performance di ciascuna amministrazione, applicando semmai il meccanismo del 25-50-25 alle amministrazioni o agli uffici, piuttosto che ai singoli dipendenti. Allora nel ministro l’entusiasmo giacobino per la lotta al fannullone fece premio sul realismo (e sull’impegno ad attivare gli incentivi giusti per la riappropriazione delle prerogative dirigenziali da parte del management pubblico); cosicché non  venimmo ascoltati. Non ci saremmo mai attesi, però, che dopo un anno soltanto di applicazione della riforma il ministro gettasse la spugna a questo modo, teorizzando il principio per cui il salario accessorio deve continuare a essere distribuito in misura uguale a tutti; e così svuotando uno dei pilastri della sua stessa riforma.

 

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