FOGLIO: PERCHE’ E’ GIUSTA LA DIREZIONE IN CUI VA FEDERMECCANICA

LA SVOLTA VERSO UN SISTEMA DI CONTRATTAZIONE COLLETTIVA ALLA TEDESCA, NEL QUALE IL CONTRATTO AZIENDALE POSSA ESSERE ANCHE ALTERNATIVO A QUELLO NAZIONALE, CORRISPONDE ALLA MIA PROPOSTA ORIGINARIA E PU0’ CONTRIBUIRE AD APRIRE IL PAESE AGLI INVESTIMENTI STRANIERI

Intervista a cura di Michele Masneri, pubblicata sul Foglio del 22 gennaio 2011

Roma. Pietro Ichino è favorevole alla svolta marchionniana di Federmeccanica-Confindustria, dribbla le riserve non solo di una parte del Partito Democratico ma anche dei sindacati cosiddetti riformisti che in questi giorni avanzano riserve e rivendica anzi una sorta di pre-marchionnismo, almeno temporale, sul nuovo assetto del sistema della contrattazione collettiva. “La svolta della contrattazione alternativa”, spiega al Foglio il giuslavorista e senatore Pd, “è necessaria, nell’interesse dei lavoratori e delle imprese. In molti casi addirittura indispensabile, per aprire il Paese agli investimenti stranieri che portano con sé piani industriali fortemente innovativi”. La necessità di questa svolta, sostiene, era già contenuta nel suo libro “A che cosa serve il sindacato” (Mondadori, 2005). Eppure, Cisl e Uil (e non solo), protagoniste degli accordi separati Fiat di questi mesi, hanno assunto posizioni di comune contrarietà che potrebbero esercitare forza attrattiva per un inedito ricompattamento sindacale dopo la stagione degli accordi separati: il segretario della Uil Luigi Angeletti due giorni fa sul Riformista ha gelato gli entusiasmi relegando il modello Marchionne a un unicum proprio del Lingotto, non estensibile ad altre realtà, per le quali sono da evitare “fughe in avanti”. Allo stesso tempo, il numero uno della Cisl Raffaele Bonanni sull’Avvenire ha usato toni simili, seppure più possibilisti (“questione da approfondire con calma”, “non mettere il carro davanti ai buoi”). E ancora ieri, Giorgio Santini, numero due sempre della Cisl, parlava di “modello attuale che non va stravolto”.
“Tutti rilievi da prendere in considerazione” dice Ichino, “se è per questo anche quelli della Cgil. Ma mi sembra che in questo caso siano viziati da un errore: viene per lo più scambiata la funzione del contratto collettivo nazionale con quella della legge. Non è così: la funzione del contratto nazionale è solo quella di una rete di sicurezza e di un benchmark a cui tutti, in un determinato settore, possano fare riferimento in mancanza di meglio. Ma il mestiere del sindacato è anche – e deve esserlo sempre di più – quello di offrire ai lavoratori, dovunque ciò sia possibile, il ‘vestito su misura’ al livello aziendale”.
Un vestito che però sembra un po’stretto anche al Partito Democratico, o almeno a parte di esso. Solo tre giorni fa l’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha parlato di “macelleria sociale, che rischia di portare il far west nelle piccole imprese”. Ichino non vorrebbe commentare, parla di una “drammatizzazione che non aiuta a risolvere i problemi”. E le paventate conseguenze sociali? A chi parla di “china pericolosa” e di “piano inclinato” che potrebbe portare a un aumento della conflittualità, il senatore Pd oppone una posizione netta: “quello del piano inclinato – rileva – è il cavallo di battaglia di tutti i peggiori conservatorismi: ‘si sa dove si comincia ma non si sa dove si va a finire’. Che poi si sa benissimo dove si va a finire se restiamo fermi, se non riusciamo a uscire dalla stagnazione aprendo il Paese agli investimenti stranieri e all’innovazione che porta gli aumenti di produttività”. Il combinato disposto flessibilità-conflittualità poi non lo convince affatto. “Perché dovrebbe aumentare la conflittualità?” si chiede. “Anzi, se contratto nazionale significa scommessa comune dei lavoratori con l’imprenditore su un buon piano industriale, questo innesca un gioco a somma positiva fatto di trasparenza e partecipazione”. Ma non c’è solo Damiano. “Certo” – riflette Ichino – il Pd ha sempre difficoltà a trovare una linea incisiva. Anche se” – sottolinea – “nell’ultima Direzione nazionale del 13 gennaio il segretario Pier Luigi Bersani ha appoggiato le mie proposte sul caso Fiat”. E del resto, ricorda Ichino elementi importanti del Partito Democratico si erano già coagulati intorno al suo disegno di legge 1872, presentato due anni fa in Parlamento, “che proponeva una soluzione simile a quella avanzata da Federmeccanica, e sulla cui piattaforma poi si è sviluppato un documento firmato tra gli altri da Sergio Chiamparino, da Ignazio Marino, da Enrico Morando, da Alessia Mosca, e numerosi altri parlamentari, insomma da pezzi importanti della maggioranza oltre che dalle due minoranze interne del partito”. Ieri intanto (sul Mattino) è arrivata l’autocritica di Guglielmo Epifani, sul ruolo avuto dalla Cgil nei casi di Pomigliano e Mirafiori. Lo scenario è particolarmente fluido.

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