LA NON RISPOSTA DELLA CIVIT SUI MOTIVI DELLE DIMISSIONI DI PIETRO MICHELI

ALLA LETTERA CON CUI IL “MEMBRO INGLESE” HA AMPIAMENTE E PUNTUALMENTE MOTIVATO IL PROPRIO GIUDIZIO FORTEMENTE NEGATIVO E IL PROPRIO CONSEGUENTE ABBANDONO, LA CIVIT RISPONDE ESIBENDO IL NUMERO DELLE DELIBERE EMANATE ED ELUDENDO PER IL RESTO OGNI ALTRA CRITICA

Lettera dei quattro membri rimasti in carica nella Civit al Direttore di Repubblica, che aveva pubblicato alcuni stralci della lettera aperta con cui Pietro Micheli aveva comunicato al ministro Renato Brunetta le dimissioni dall’Autorità indipendente – 18 gennaio 2011 – Segue un mio commento

Illustre Direttore,
Le dichiarazioni di Pietro Micheli, che hanno accompagnato le sue dimissioni dalla Civit, pubblicate su Repubblica del 16 gennaio, lasciano perplessi e meritano alcune brevi precisazioni.
La Commissione, nel primo anno dalla sua istituzione, ha lavorato sodo, convinta che le scarsissime risorse effettivamente a disposizione richiedessero, in primo luogo, un rafforzato impegno istituzionale, sul piano individuale e collegiale. Il resoconto di questa attività verrà fornito entro la fine del mese al Governo, come prevede la legge. Il dato di fatto è che le oltre cento delibere e l’ampio materiale tecnico prodotto, i rapporti allacciati con gli altri protagonisti della riforma, puntualmente documentati su www.civit.it, hanno disegnato il quadro di riferimento fondamentale, voluto dalla legge, nei tre settori di competenza della Commissione: trasparenza, performance, servizi pubblici. E’ stata così avviata l’attuazione del processo riformatore che dovrà essere realizzato dalle singole amministrazioni, con l’assistenza e sotto il monitoraggio della Commissione.
L’introduzione e il pieno funzionamento di questi meccanismi di valutazione e trasparenza, come chi ha studiato e lavorato all’estero ben sa, richiedono molti anni; e la stessa legge prevede che una prima valutazione dell’operato della Commissione e della riforma vada fatta dopo cinque anni. Lavorare con le pubbliche amministrazioni richiede conoscenza delle regole e dell’architettura giuridico- istituzionale (ciò che gli economisti attenti alla realtà definiscono “analisi del contesto”) e, in particolare, richiede esperienza e conoscenza delle pubbliche amministrazioni italiane. La pretesa di applicare modelli astratti, tratti meccanicamente dal privato, da singole esperienze di altri Paesi o da qualche buon libro, unitamente alla pretesa di fare in fretta, non può dare buoni risultati. Impegno, pazienza e lavoro quotidiano, insieme alla capacità di applicare e adeguare tecniche e modelli astratti alla realtà in cui si opera, sono gli elementi necessari per provare seriamente a raggiungere l’obiettivo di migliorare il sistema amministrativo italiano.
Così come con il lavoro quotidiano e con i fatti si risponde ai tentativi di ingerenza della politica: perché l’indipendenza non viene dall’esterno , ma si conquista e si pratica ogni giorno.
Antonio Martone, Luciano Hinna, Filippo Patroni Griffi, Luisa Torchia

La risposta dei componenti della Civit alla lettera con la quale Pietro Micheli ha reso pubbliche le motivazioni delle proprie dimissioni lascia delusi quanti auspicavano una riflessione che affrontasse le numerose ed evidenti carenze nell’azione dell’Autorità. Micheli ha sollevato questioni che meritano di essere dibattute: la differenza tra valutazione collettiva e individuale; la rigidità del ranking rigido nelle valutazioni (il cosiddetto 25-50-25) che sta determinando la fuga delle amministrazioni più importanti dalla riforma Brunetta (Presidenza del Consiglio, Ministero dell’Economia); l’assenza di fondi per i meritevoli; i limiti dei poteri della Commissione, la sua indipendenza e altro ancora. Micheli ha quindi messo in evidenza, da un lato, la scarsa efficacia dell’azione della Civit, dall’altro, le responsabilità del Governo nell’insoddisfacente implementazione della riforma.
Qual è stata la reazione? Il silenzio del ministro – che certo non si caratterizza personalmente per timidezza – e una risposta della Civit che elude ogni questione e si trincera dietro un “lasciateci lavorare”, che male si accompagna con lo stile che dovrebbe contrassegnare un’istituzione nata per accrescere trasparenza e
performance dell’amministrazione.

Spieghi invece la Commissione quali e quante amministrazioni hanno migliorato il servizio reso agli utenti in ragione del suo intervento e della sua assistenza. Perché a questo scopo essa è stata istituita e, purtroppo, ancora non ci è stata data l’opportunità di verificare il percorso compiuto. Anzi, come già si è potuto apprendere – anche attraverso una mia interrogazione – proprio la Commissione non ha brillato per trasparenza e devozione all’interesse pubblico nei primi atti di impiego delle proprie risorse.�
A differenza di quanto si legge nella risposta della Commissione, il tema del tempo delle riforme è cruciale, e l’urgenza di ottenere risultati positivi è avvertita diffusamente nel Paese, dai cittadini, dalle organizzazioni civiche, dai settori produttivi. Infatti se è vero che una riforma di sistema richiede tempi di implementazione lunghi, è altrettanto vero che i primi impatti hanno un grande valore simbolico e svolgono un ruolo essenziale per la mobilitazione delle persone interessate. La Civit avrebbe dovuto dimostrare da subito di rivestire un ruolo strategico nella strategia di cambiamento del settore pubblico, con risultati anche mirati, ma esemplari e a forte significato di esempio. Questo è invece mancato del tutto, lasciando il campo – come la risposta spiega – alle (sole) “oltre cento delibere”. Il cambiamento misurato in delibere, mentre fuori della Civit nessuno avverte il beneficio derivante dalla sua esistenza! Questo è purtroppo, ad oggi, il poverissimo bilancio di un anno di esperienza.     (p.i.)

 

 

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