OCCORRE UN SISTEMA DI RELAZIONI INDUSTRIALI CHE CONSENTA LA SCOMMESSA COMUNE TRA LAVORATORI E IMPRENDITORE SUI PIANI INDUSTRIALI INNOVATIVI
Intervista a cura di Carlo Bertini, pubblicata su la Stampa il 31 dicembre 2010
Professor Ichino, da esponente dell’ala liberal del Pd, ritiene sia possibile su una questione così complessa formulare una risposta che metta d’accordo, se non il centrosinistra, almeno il suo partito?
Credo proprio di sì. Stefano Fassina, responsabile Pd per l’economia, dice sostanzialmente che i contratti di Mirafiori e Pomigliano sarebbero accettabili, se non escludessero il diritto della Fiom alla rappresentanza sindacale in azienda. Il documento che un gruppo di parlamentari Pd ha pubblicato oggi si propone proprio di risolvere questo problema: coniugare una risposta positiva alle questioni poste da Marchionne con il principio del pluralismo sindacale.
Se la invitassero a un’assemblea Fiom, che argomenti userebbe per difendere questa riforma della rappresentanza sindacale?
Questa proposta dà attuazione a una rivendicazione storica della Cgil: quella di una legge che misuri la rappresentatività dei sindacati nei luoghi di lavoro. Quello che è più difficile far accettare alla Fiom è la possibilità che il contratto aziendale deroghi al contratto nazionale, quando la maggioranza ritiene che questa sia la scelta migliore. Su questo punto, alla Fiom porterei tutti gli esempi di deroghe utili per star meglio, che ho proposto cinque anni fa nel mio libro “A che cosa serve il sindacato”, e altri ancora.
“A che cosa serve il sindacato” è una questione quanto mai attuale anche oggi…
Nell’epoca della globalizzazione, il sindacato deve essere l’intelligenza collettiva dei lavoratori che consente loro di valutare un piano industriale da qualsiasi parte venga, e la credibilità tecnica ed etica dell’imprenditore che lo propone. Se la valutazione è positiva, il sindacato deve saper guidare i lavoratori nella scommessa comune con l’imprenditore su quel piano, stabilendo e garantendo la ripartizione dei frutti, quando la scommessa sarà stata vinta.
C’è un punto di merito sul quale la Fiom non ha tutti i torti?
La Fiom ha ragione quando chiede di poter costituire la rappresentanza sindacale in azienda, nonostante il suo rifiuto di sottoscrivere il contratto. Ma su questo non deve prendersela con Marchionne: a negarle questo diritto è la legge vigente, che negli ultimi 15 anni è stata confermata per ben quattro volte dalla Corte costituzionale. Dunque, è una legge valida, ma per salvaguardare meglio il principio del pluralismo sindacale è bene riformarla: il sindacato che è in minoranza non deve avere un potere di veto; ma il diritto alla propria voce in azienda sì.
Ha fatto bene Fassino, candidato a sindaco di Torino, ad esporsi con una posizione così chiara o rischia di perdere i voti della sinistra più radicale?
Ha fatto benissimo: saranno molti di più i voti che guadagnerà con questa sua scelta, dei voti che perderà.
Viste le posizioni di Vendola e Di Pietro, lei accetterebbe di candidarsi con una coalizione che comprendesse solo Pd-Sel e Idv?
Tre anni fa, quando Veltroni mi propose la candidatura al Senato, non gli chiesi con chi il Pd si sarebbe alleato, ma soltanto se nel Pd le mie idee per la riforma del diritto del lavoro e sindacale avrebbero avuto il suo appoggio e comunque cittadinanza. I due disegni di legge per il nuovo Codice del lavoro semplificato, che ho presentato nel 2009 con altri 54 senatori del Pd, e il documento che abbiamo pubblicato oggi, ispirato a quel progetto, mostrano che la scelta di tre anni fa sta dando buoni frutti. Lo stesso discorso per me vale anche oggi: non mi importa tanto chi si allea col Pd, ma che su lavoro e relazioni industriali il Pd non si arrocchi in difesa del passato. Altrimenti, ho tante altre cose interessanti da fare.