IL SISTEMA ELETTORALE UNINOMINALE, CON UN’OPPORTUNA REVISIONE DEI COLLEGI, PUO’ CONSENTIRE DI MIGLIORARE LA SELEZIONE DEI PARLAMENTARI E CONFERIRE AGLI ELETTORI UNA MAGGIORE CAPACITA’ DI CONTROLLO SULLE SCELTE DEI PARTITI
Editoriale di Vincenzo Galasso e Tommaso Nannicini pubblicato su lavoce.info, 22 dicembre 2010
Sembra ormai esserci un accordo unanime sulla necessità di cambiare le regole del gioco elettorale. Proviamo allora a farlo per migliorare la selezione dei politici, aumentando la concorrenza politica e dunque il controllo degli elettori. L’analisi dei risultati delle tre tornate svoltesi con il Mattarellum, mostra che nei collegi più incerti sono eletti i candidati di maggior qualità. Dunque, bisogna cercare di aumentare la quota dei collegi contendibili. E per farlo si potrebbero ridisegnare alcuni confini. L’esempio di Sciacca e Agrigento.
Mercato dei voti, insulti, risse e “vajassate”: i nostri parlamentari hanno offerto decisamente un pessimo spettacolo nelle ultime settimane. E molti italiani si chiederanno: ma chi li ha mandati in Parlamento? E si risponderanno: Non certo io! Eppure secondo il filosofo basco Fernando Savater, ogni volta che, in un bar o in una sala d’attesa, ci lamentiamo dei nostri politici, non ci accorgiamo che in verità stiamo criticando noi stessi, la nostra incapacità nello sceglierli e nel controllarli. Ma in Italia, anche i cittadini più attenti e volenterosi trovano un ostacolo di non poco conto nell’esercitare il loro diritto-dovere di selezionare la classe politica: la legge elettorale.
LA COMPETIZIONE SERVE
Sull’attuale legge elettorale, il famigerato Porcellum, è già stato detto tutto il male possibile, da chi non l’ha né proposta né approvata, ma l’ha comunque usata per difendere le oligarchie di partito, e finanche da chi l’ha partorita, proposta e approvata. Il proporzionale con liste bloccate rimette la scelta dei parlamentari nelle mani delle segreterie di partito e non consente agli elettori di “punire” quei parlamentari che si sono contraddistinti in negativo, se non votando per un’altra formazione politica. Con partiti chiusi e autoreferenziali, e un quadro politico polarizzato, in cui molti elettori considerano i partiti alla stregua di squadre di calcio, il “Porcellum” fornisce incentivi perversi nella selezione della classe politica.
Purtroppo non esistono ricette magiche. Durante un dibattito sulla fiducia a settembre, Fabrizio Cicchito (Pdl) evidenziava come anche il sistema maggioritario uninominale, spesso accreditato di poteri taumaturgici, lasci la selezione dei candidati totalmente nelle mani dei partiti. Così le segreterie possono decidere chi dislocare nei collegi elettorali di sicura vittoria (o sconfitta) e chi in quelli incerti, dove la competizione elettorale è maggiore. E come tutti ben sanno, nei collegi blindati si può far eleggere anche il cavallo di Caligola.
L’analisi dei risultati elettorali delle tre tornate (1994-1996-2001) svoltesi con il Mattarellum, dove il 75 per cento dei deputati erano eletti in collegi uninominali e il rimanente 25 per cento in liste proporzionali, conferma questa tendenza, ma consente anche un’apertura all’ottimismo. Infatti, nei collegi uninominali maggiormente contendibili – quelli, per intenderci, dove l’esito prima delle elezioni era più incerto – i partiti tendevano a competere presentando candidati di più elevata “qualità”, ovvero con persone che vantavano una carriera professionale di successo nel settore privato, pubblico o in quello politico-amministrativo. In particolare, nei collegi con maggiore competizione elettorale, i candidati delle due coalizioni avevano in media livelli di istruzione più elevati, maggiori esperienze amministrative (ad esempio quella di sindaco) e un reddito più alto (nel confronto tra persone che volgevano la stessa professione). Nei collegi sicuri, invece, i candidati erano in media più deboli, ad esempio meno istruiti e con redditi più bassi. È significativo anche che la percentuale di candidati con un percorso politico tutto interno al partito eletti nei collegi “sicuri” (ovvero quelli con un margine di vittoria superiore al 10 per cento) fosse il doppio di quella nei
collegi contendibili. La competizione elettorale induce quindi i partiti a modificare i criteri di selezione e a proporre candidati di migliore qualità per poter attrarre gli elettori più moderati e meno schierati politicamente. Anche i comportamenti in Parlamento degli eletti nei collegi con diversa competizione elettorale sono risultati molto differenti. I parlamentari provenienti da collegi “blindati” hanno fatto registrare ben il 37 per cento di assenze non giustificate in più rispetto ai colleghi eletti in collegi contendibili.
Insomma, anche in politica, la concorrenza è uno stimolo prezioso e aiuta a migliorare i risultati. Se dunque le regole del gioco elettorale vanno cambiate, e tutti ormai sembrano essere d’accordo su questo punto, proviamo a farlo per migliorare la selezione dei politici, aumentando la concorrenza politica e dunque il controllo degli elettori. E non invece per avvantaggiare le prospettive elettorali di qualche partito al governo o per difendere le rendite di posizione dei partiti (spesso molto piccoli) e dei segretari. Ma come?
SE SI RIDISEGNANO I COLLEGI
Partiamo dal messaggio positivo dell’analisi del Mattarellum: nei collegi contendibili sono eletti i candidati di maggior qualità. Purtroppo, durante le tre elezioni svoltesi con il maggioritario, di collegi contendibili ce ne sono stati pochi. Dei 235 collegi uninominali, 81 sono andati sempre al centrodestra e 60 sempre al centrosinistra, mentre solo 43 hanno sempre cambiato colore (4 collegi alternando sinistra-destra-sinistra e 39 con destra-sinistra-destra).
Per potersi avvantaggiare dei benefici della competizione elettorale, è dunque necessario aumentare la proporzione di collegi contendibili. La politica statunitense ci mostra che i confini dei collegi elettorali possono essere ridisegnati, e spesso lo sono. Negli Stati Uniti, il processo, conosciuto come Gerrymandering, viene spesso utilizzato per aumentare il vantaggio politico del candidato uscente. Ma perché non fare il contrario in Italia? Ad esempio, perché non prendere due collegi geograficamente vicini, uno fortemente a favore del centrodestra e l’altro “sicuro” per il centrosinistra, e ridisegnarli per aumentare la competizione elettorale?
La figura in basso mostra i confini dei collegi elettorali uninominali di Sciacca e Agrigento, come apparivano nelle elezioni del 1994, 1996 e 2001. Ogni collegio è composto da comuni di dimensioni e caratteristiche politiche diverse. La seconda figura mostra i comuni di destra con colori più scuri, e quelli di sinistra con tonalità più chiare, utilizzando come misura la proporzione media di voti che sono andati al centrodestra e al centrosinistra durante le tre tornate elettorali. È possibile ridisegnare i due collegi per ridurre il vantaggio del centrodestra ad Agrigento e quello del centrosinistra a Sciacca? La risposta – positiva – è data dalla terza figura, che mostra i “nuovi” distretti di Sciacca e Agrigento, ottenuti riallocando alcuni comuni di centro-sinistra inizialmente appartenenti al distretto di Sciacca a quello di Agrigento (ad esempio, Sambuca di Sicilia, Bivona, Santo Stefano Quisquina) e viceversa per i comuni di centrodestra. Questa operazione di Gerrymandering consentirebbe al collegio di Agrigento di diventare più competitivo – il margine medio di vittoria del centrodestra si ridurrebbe dal 10 al 5 per cento – ma non avrebbe un effetto apprezzabile sulla competitività del collegio di Sciacca.
Cliccando sulle figure è possibile ingrandirle:
Figura 1.
Figura 2.
Figura 3.