IL METODO SPERIMENTALE AL SERVIZIO DELLA SCUOLA PUBBLICA

PERCHE’ E’ GIUSTA LA SCELTA COMPIUTA DALLA MINISTRA GELMINI DI SOTTOPORRE A ESPERIMENTO LE DUE ALTERNATIVE IN MATERIA DI VALUTAZIONE E INCENTIVAZIONE NEL SETTORE DELL’ISTRUZIONE PUBBLICA: QUELLA RIFERITA ALL’ISTITUTO SCOLASTICO E QUELLA RIFERITA AL SINGOLO DOCENTE

Editoriale di Andrea Ichino, pubblicato sul Sole 24 Ore del 20 novembre 2010

            Prima di essere approvata, ogni terapia in campo medico viene sottoposta ad un severo controllo sperimentale che verifichi la sua efficacia e l’assenza di effetti nocivi. All’estero, questa pratica di buon governo viene utilizzata anche per valutare le politiche sociali prima della loro adozione generalizzata. In Italia non è praticamente mai successo.  È questo il primo importantissimo motivo per cui dobbiamo accogliere positivamente l’annuncio del Ministro Gelmini di voler sperimentare in modo trasparente e controllato l’effetto di incentivi economici agli insegnanti e alle scuole, erogati sulla base di valutazioni trasparenti e condivise.
            Sono, però, anche i contenuti di queste sperimentazioni a costituire una rivoluzione perfino a livello internazionale. Le sperimentazioni sono due perché due sono le famiglie di strumenti per l’incentivazione degli insegnanti sui quali gli esperti più aspramente discutono: gli strumenti che prevedono un premio erogato alle scuole, lasciando poi ad esse di decidere come suddividerlo tra chi ha contribuito al successo; oppure quelli che invece mirano a valorizzare i singoli insegnanti che si distinguono per un generale apprezzamento professionale all’interno di ciascuna scuola.
            A Torino e Napoli la sperimentazione proverà a fare proprio questo. Verificare se esista un modo per identificare quegli insegnanti sulle cui capacità umane e professionali nessuno ha da discutere: quelli che anche dopo quarant’anni saranno ricordati dagli studenti per il segno positivo che in loro hanno lasciato. Un giudizio che quindi si basi sulle opinioni di tutti, insegnanti, studenti, famiglie e che da tutti sia condiviso. Un giudizio discrezionale, non basato su parametri numerici che malamente possono condensare e misurare tutto quello che fa il “buon maestro”.�
            La discrezionalità, però, preoccupa chi teme che essa possa sconfinare nell’arbitrio. Gli esperti quindi discutono se non siano invece preferibili sistemi di incentivazione basati su parametri oggettivi legati all’apprendimento degli studenti, parametri che per loro natura è più facile misurare a livello di scuola, anche perché gli insegnanti di una scuola sono in qualche misura una squadra di cui solo il risultato complessivo è osservabile.
           A Siracusa e Pisa saranno questi strumenti ad essere oggetto di sperimentazione. Ossia incentivi alle scuole che si distingueranno per l’aver fatto registrare i migliori tassi di incremento nell’apprendimento dei loro studenti, così come misurati dai test standardizzati dell’Invalsi, amministrati in modo da evitare ogni tentazione di distorsione illecita dei risultati da parte degli insegnanti. L’elemento più innovativo tuttavia, è costituito dal tentativo di contestualizzare la misurazione dell’incremento di apprendimento per tenere conto della situazione ambientale, economica e sociale in cui le scuole operano. Non è detto quindi, che debbano essere le scuole della buona borghesia a far registrare i migliori incrementi, una volta che si sia tenuto opportunamente conto dei punti di partenza e del contesto. A questa valutazione oggettiva ne sarà comunque affiancata una più discrezionale da parte di ispettori esterni, sul modello seguito nel Regno Unito, basata su griglie condivise di indicatori qualitativi.
          La Cgil ha subito reagito a questo annuncio respingendo la parte dell’esperimento che introduce i premi individuali, in nome del contratto collettivo vigente che non li prevede. È facile contro-replicare che li prevede comunque il decreto legislativo attuativo della legge Brunetta del settembre 2009 e tanto dovrebbe bastare. Ma, al di là dei tecnicismi giuridici, non pensa la Cgil che, una volta tanto, la cosa di gran lunga migliore per tutti sia di consentire l’esperimento e rinviare pragmaticamente ogni decisione a quando se ne potranno conoscere i risultati? Finalmente di riconoscimento del merito potremmo discutere sulla base di fatti, non di pregiudizi ideologici.
            Una sperimentazione con queste caratteristiche non è né di destra né di sinistra: serve a costruire un’infrastruttura di cui il Paese deve dotarsi per poter migliorare il sistema scolastico. Attualmente, la scuola italiana non è in grado di premiare i capaci e i meritevoli e nello stesso tempo non è nemmeno in grado di aiutare efficacemente gli studenti e gli insegnanti in difficoltà. È invece necessario poter disporre di uno strumento che indichi dove intervenire per correggere situazioni insoddisfacenti e dove evidenziare e valorizzare esperienze eccellenti. Solo una sperimentazione con queste caratteristiche può affiancare e aiutare il trasferimento di autonomia decisionale alle singole istituzioni scolastiche, che molti auspicano, consentendo a tutti gli operatori di verificare la bontà delle scelte da loro effettuate.
            Ma soprattutto, solo studiando con apertura mentale e senza pregiudizi strumenti di questo tipo, sarà possibile rendere la professione dell’insegnante attraente non solo per i santi missionari (e purtroppo per molti fannulloni), ma soprattutto per  i migliori laureati che magari avrebbero la passione dell’insegnamento, ma che ne sono distolti da un sistema retributivo che premia solo l’anzianità di servizio, non la passione e la competenza.

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