SULLA PREVIDENZA UN VOTO BI-PARTISAN ALLA CAMERA

IL SISTEMA PENSIONISTICO EUROPEO È SOTTO PRESSIONE A CAUSA DELL’INVECCHIAMENTO DEMOGRAFICO CHE RISULTA DA UN AUMENTO DELLA LONGEVITÀ E LA DIMINUZIONE DEL TASSO DELLE NASCITE – PER QUESTO MOLTI STATI MEMBRI HANNO MODIFICATO I LORO SISTEMI PENSIONISTICI PER POTER AFFRONTARE LA SFIDA, CHE LA CRISI HA RESO ANCOR PIÙ URGENTE

Mozione approvata dalla Commissione Lavoro della Camera all’unanimità, con la sola astensione dell’Italia dei Valori, il 10 novembre 2010, sul Libro verde: Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa

DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La XI Commissione,

esaminato, ai sensi dell’articolo 127 del Regolamento, il Libro verde: “Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa” (COM(2010)365def.), del 7 luglio 2010;

tenuto conto, in particolare:

delle conclusioni del Consiglio occupazione e affari sociali del 7 giugno 2010 sull’invecchiamento attivo;

della “Strategia dell’Unione europea per la crescita e l’occupazione (Europa 2020)”, adottata dal Consiglio europeo del 17 giugno 2010 e delle Linee guida per le politiche dell’occupazione degli Stati membri approvate in tale ambito dal Consiglio del 21 ottobre 2010;

della proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sull’Anno europeo dell’invecchiamento attivo 2012 (COM(2010)462 def.), del 6 settembre 2010;

della Strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015 (COM(2010)491) e della risoluzione del Parlamento europeo del 19 ottobre 2010 sulle lavoratrici precarie;

della risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010 “Il ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e nella promozione di una società inclusiva in Europa”, nella quale, tra l’altro, si afferma che le pensioni di vecchiaia devono permettere ai pensionati che hanno lavorato tutta la vita di percepire un importo dignitoso;

della raccomandazione 92/441/CEE, la quale riconosce “il diritto fondamentale della persona a risorse e a prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana”, insistendo affinché l’obiettivo centrale dei regimi di sostegno del reddito debba essere quello di far uscire le persone dalla povertà, consentendo loro di vivere dignitosamente, comprese le pensioni di invalidità e di anzianità dignitose;

delle due iniziative complementari della Commissione europea: “Rapporto 2010 sulla cittadinanza” (COM(2010) 603 fin.), del 27 ottobre 2010, e Comunicazione “Verso un atto per il mercato unico” (COM(2010)608 fin.), del 27 ottobre 2010, che mirano a superare la frammentazione esistente dell’Unione europea in ambiti che riguardano strettamente i cittadini e segnatamente l’economia sociale, laddove, in particolare, tra le 50 azioni proposte nella medesima comunicazione vi sono la revisione della direttiva in materia di attività e sorveglianza dei fondi pensione (proposta n. 31), nonché la previsione di eventuali altre proposte che potranno emergere dal dibattito sul documento in esame, quali quelle finalizzate alla rimozione degli ostacoli alla mobilità, anche di natura fiscale (proposta n. 42);

delle conclusioni del Consiglio europeo del 28-29 ottobre 2010 che, nell’approvare la relazione della task force sulla governance economica, invita il Consiglio dell’UE ad accelerare i lavori su come tener conto dell’impatto della riforma dei regimi pensionistici nell’attuazione del patto di stabilità e crescita e a riferirne al Consiglio europeo di dicembre, riconoscendo l’importanza delle riforme pensionistiche sistemiche e segnalando che occorre assicurare condizioni di parità all’interno del patto di stabilità e crescita;

delle considerazioni svolte nella relazione “Ageing Report 2009 (Economic and budgetary projections for the EU-27 Member States – 2008-2060)”;

tenuto altresì conto:

degli importanti elementi di valutazione e di conoscenza acquisiti dalla XI Commissione nel corso delle audizioni svolte con rappresentanti delle istituzioni competenti e delle forze sociali interessate, che, oltre ad essere un utile strumento di conoscenza e di raccolta di dati relativi alle realtà nazionali all’esito della consultazione, hanno rappresentato un’occasione per riflettere e approfondire gli aspetti evidenziati a livello nazionale;

dell’esigenza che il presente documento finale sia trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea nell’ambito del dialogo politico, unitamente al parere approvato dalla XIV Commissione, onde fornire una risposta ai quesiti proposti per la consultazione pubblica, che si chiuderà il prossimo 15 novembre;

esprime le seguenti valutazioni:

Sul piano generale (quesiti da 1 a 4 e 14):
a. è sicuramente auspicabile ed importante che l’Unione europea assuma un ruolo di indirizzo più efficace ed operativo rispetto alle esperienze pur significative fino ad ora seguite attraverso il Metodo del coordinamento aperto, basato sostanzialmente su pratiche di “moral suasion”, dal momento che la materia della previdenza è riservata alle politiche dei singoli Stati. Le indicazioni della UE agli Stati membri dovranno riguardare sia l’adeguatezza dei trattamenti (derivante dal concorso della previdenza obbligatoria a ripartizione e di quella privata a capitalizzazione), sia la sostenibilità dei sistemi, essendo questa la condizione necessaria (anche se non sufficiente) per affrontare le sfide delle trasformazioni demografiche ed occupazionali che tanto preoccupano – soprattutto alla luce della crisi economica e finanziaria – l’Unione, come risulta non solo dal Rapporto sull’invecchiamento del 2009 e nello stesso Libro verde;
b. ferme restando le prerogative e la competenza dei singoli Stati nell’adottare le misure di riordino e modernizzazione dei sistemi pensionistici in base alle diverse situazioni esistenti, la costituzione, a livello dell’Unione, di una
che promuova i medesimi obiettivi strategici, tramite la piena valorizzazione del metodo della concertazione sociale, e persegua un’effettiva solidarietà intergenerazionale, rappresenterebbe un utile momento di trasparenza e consentirebbe, attraverso il contemporaneo coinvolgimento dei principali attori interessati alla definizione delle politiche previdenziali (governi, parti sociali, gestori dei fondi pensioni, stakeholders), di meglio coordinare le riflessioni e gli scambi di informazioni sulla materia, evitando la duplicazione di strutture e la dispersione di energie, ma razionalizzando e sfruttando le potenziali sinergie tra quelle già esistenti e sollecitandone di nuove;
c. per quanto concerne l’adeguatezza dei trattamenti, occorre tenere presenti – oltre a misure di carattere fiscale – l’opportunità e l’utilità di forme di solidarietà di contenuto assistenziale (pensione di base, integrazione al minimo o reddito minimo) – nei casi in cui il montante contributivo non assicuri un trattamento pensionistico “dignitoso” e un tasso di sostituzione “adeguato” alle peculiarità dei singoli Stati membri – a favore, soprattutto, di coloro che hanno avuto una vita lavorativa caratterizzata da rapporti di lavoro discontinui, stagionali e precari. Appare comunque utile la definizione a livello europeo, condivisa con gli Stati membri, di criteri omogenei per la definizione (nazionale) di livelli minimi di adeguatezza; a questo proposito, nel corso della consultazione effettuata dalla XI Commissione è stato fatto osservare che nell’ambito del cosiddetto “Protocollo del welfare” del 2007 era stata indicata l’ipotesi di un tasso di sostituzione pari almeno al 60%;
d. allo stesso modo, deve essere affrontata la questione della salvaguardia, nel tempo, del valore della pensione (rispetto al tasso iniziale di sostituzione), che non può essere affidata soltanto alla difesa del potere d’acquisto, ma deve in qualche modo partecipare agli incrementi della produttività complessiva del Paese, mediante un collegamento operativo alla dinamica delle retribuzioni dei lavoratori attivi;
e. il ruolo che il Libro verde affida ai temi della previdenza privata e ai fondi professionali rappresenta un riconoscimento del carattere strategico che il secondo pilastro può e deve svolgere in una prospettiva di riforma del settore e di riconoscimento di una fiscalità agevolata. Un sistema a due pilastri, con un adeguato coinvolgimento delle parti sociali nella sua definizione e nella sua gestione – proprio perché sia sulla finanza pubblica sia sui mercati finanziari – è certamente una delle risposte di contenuto strategico agli obiettivi di sostenibilità e di adeguatezza dei sistemi pensionistici;
f. l’innalzamento dell’età effettiva di pensionamento era una indicazione programmatica già coerente con la Strategia di Lisbona, la quale aveva assunto, ai fini degli obiettivi occupazionali previsti nel 2010, il conseguimento di un tasso di impiego pari al 50% per le persone in età compresa tra 55 e 64 anni. Le indicazioni del Consiglio di Barcellona, nel 2002, avevano reso coerenti gli aspetti attinenti al mercato del lavoro con quelli riguardanti i sistemi pensionistici (e il loro equilibrio a fronte della impennata costante e progressiva dell’attesa di vita), preconizzando interventi che allungassero di 5 anni, entro il 2010, l’età media effettiva di pensionamento. Le riforme hanno sicuramente ritardato l’uscita dal mercato del lavoro, sia delle lavoratrici che dei lavoratori, ma si rimane lontani dall’obiettivo indicato, il cui raggiungimento è stato riformulato nell’ambito della strategia «Europa 2020». Si ritiene utile prevedere, come indicazione della UE, meccanismi di adeguamento automatico dell’età pensionabile all’evoluzione demografica. Per garantire in termini di sostenibilità e di adeguatezza l’evoluzione dei sistemi pensionistici rimane fondamentale, tuttavia, il conseguimento di una congrua crescita economica, in grado di consentire l’incremento della occupazione e, in particolare, di quella dei giovani;
g. per quanto riguarda l’ipotesi, avanzata dalla Commissione europea, di prevedere meccanismi di adeguamento automatico dell’età pensionabile all’attesa di vita, si fa notare che il Parlamento italiano ha votato – a maggioranza – una norma analoga, che entrerà in vigore a partire dal 2015;
h. si considera, altresì, necessario indicare – a partire da una soglia minima adeguata rispetto agli andamenti demografici – l’opportunità di meccanismi di pensionamento flessibile, in grado di rispondere anche a differenti propensioni delle persone, ovviamente in un contesto in cui vi sia un’effettiva corrispondenza tra l’importo della pensione e l’ammontare dei contributi versati durante l’intera vita lavorativa. Il buon esito dell’obiettivo del prolungamento della vita attiva dei lavoratori anziani non può dipendere solamente da nuove e più rigorose regole in materia pensionistica, ma deve trovare un’adeguata risposta in misure contrattuali riguardanti l’orario, le politiche formative e di organizzazione del lavoro, allo scopo di consentire l’impiego effettivo e proficuo degli anziani, rimuovendo o attenuando, innanzi tutto, gli effetti di eventuali normative discriminatorie (mediante misure di pensionamento parziale e graduale in corrispondenza con l’impiego dei giovani), in base all’età sul mercato del lavoro, solitamente definite attraverso l’attenuazione o addirittura l’esclusione di ogni forma di tutela giuridica nel caso di licenziamento di lavoratori che abbiano già maturato il diritto a pensione. Vanno previste misure di anticipo del pensionamento per i lavoratori addetti a mansioni usuranti e forme particolari di tutela per i casi di inabilità e invalidità;
i. al contempo, è senza dubbio condivisibile l’individuazione di agevolazioni a favore delle imprese per diffondere forme di lavoro che facilitino il passaggio graduale dalla fase attiva a quella di quiescenza;
j. si ritiene altresì necessario che le misure di innalzamento dell’età di pensionamento debbano trovare compensazione nella definizione di politiche di tutela della specificità del lavoro femminile, riconoscendo alle lavoratrici periodi di contribuzione figurativa legati alla maternità e al lavoro di cura, pur nel quadro di un riequilibrio dei ruoli all’interno della coppia, anche attraverso l’istituzione di permessi obbligatori per la paternità, secondo le recenti direttive dell’Unione europea;
k. inoltre, al fine di consentire il raggiungimento dell’obiettivo di portare il tasso di occupazione al 75 per cento (come stabilito dalla strategia «Europa 2020»), appare sempre più necessario attuare una politica economica diretta a rafforzare le prospettive di crescita. Al fine di assicurare la maggiore organicità e coerenza degli strumenti esistenti, sarà necessario seguire un approccio integrato nel quadro europeo delle politiche per l’occupazione, atteso che la stabilità previdenziale è un indicatore della sostenibilità degli equilibri macroeconomici;
l. nel quadro europeo l’UE potrebbe aiutare gli Stati membri nel monitoraggio delle modifiche legate all’aspettativa di vita, considerando tutte le variabili – non solo demografiche – che incidono sul fenomeno. L’Ue potrebbe essere il luogo dove mettere in comune storie ed esperienza per addivenire utilmente ad un sistema che tenga conto sia delle variabili attuariali sia delle esigenze di solidarietà e di protezione sociale, soprattutto a favore dei soggetti più deboli del mercato del lavoro. Un aspetto sul quale sarebbe opportuno riflettere è la necessità di indicazioni operative da parte dell’UE agli Stati membri, dopo avere acquisito dati utili e comparabili, per addivenire ad una quantificazione dei concetti di sostenibilità e adeguatezza, atteso che per ciascun sistema pensionistico ci possono essere differenze significative.

In relazione a quesiti più specifici concernenti, in particolare, le questioni riferite alla previdenza complementare:
Attività transfrontaliera dei fondi pensione (quesito n. 5). E’ sicuramente necessario favorire la mobilità dei lavoratori all’interno dell’Unione; anche l’attività transfrontaliera dei fondi pensione può contribuire a tal fine, sempre ponendo particolare attenzione all’esigenza di evitare comportamenti opportunistici. Questo è proprio uno degli scopi della vigente Direttiva europea in materia di fondi pensione occupazionali, ma essa è in vigore ancora da poco per poterne giudicare appieno l’adeguatezza a questo riguardo. Si ritiene, pertanto, che sia opportuno dare ulteriore corso alla sperimentazione della direttiva, prima di prevederne modifiche, anche al fine di meglio valutare gli interventi da apportare.
Mobilità delle pensioni (quesiti n. 6 e n. 7). Il problema della mobilità transfrontaliera delle pensioni (ossia la portabilità del montante in caso di mobilità del lavoratore al di fuori dei confini del Paese di appartenenza) si pone soprattutto per le forme a beneficio definito, che in Italia sono poche, confinate ai casi preesistenti alle riforme, dal momento che si è compiuta, per le forme di nuova istituzione, la scelta della contribuzione definita. Peraltro, è senz’altro utile garantire ai lavoratori che intendano muoversi all’interno dell’Unione che non vengano intaccati i propri diritti anche per quanto riguarda le pensioni complementari (la cosa è già sostanzialmente risolta per le pensioni di base).
Sarebbe quindi opportuno che siano superati i limiti che tuttora impediscono a chi cambia lavoro di portare con sé quanto accantonato in un eventuale fondo professionale. In Italia ciò è in larga misura già stato realizzato. Riguardo all’Europa, ove non fosse possibile garantire un’adeguata portabilità del montante versato si potrebbe almeno pensare ad una forma di totalizzazione, evitando che alcuni periodi di iscrizione e di versamento possano andare perduti, come oggi può ancora avvenire in alcuni paesi. E’ senza dubbio condivisibile l’idea della creazione di uno spazio unico e virtuale sul web, in cui siano disponibili, per gli istitutori di fondi che intendono svolgere attività transfrontaliera informazioni attendibili circa le legislazioni nazionali materia di diritto del lavoro e della sicurezza sociale.
Ampliamento degli spazi d’intervento della direttiva (quesito n. 8). L’attuale Direttiva IORP regola soltanto i fondi occupazionali autonomi, e non quelli interni, tra cui i cosiddetti “patrimoni separati di destinazione”, né i piani meramente individuali. E’ forte l’interesse dell’Italia, allo scopo di una migliore tutela dei lavoratori interessati, che l’ambito della Direttiva sia esteso, in particolare a tipologie come i Piani individuali pensionistici (Pip), i Fondi aperti ad adesione individuale e le forme pensionistiche a rendimento garantito, anche tenendo in considerazione il modello italiano, che vede una disciplina il più possibile uniforme rispetto alle diverse tipologie di piani pensioni in essere, al fine di favorirne la comparabilità e consentire lo sviluppo di un mercato più ampio e competitivo dei servizi previdenziali.
Fondi a contribuzione definita (quesito n. 9). Per questi fondi, i più importanti nella realtà italiana, la vigente direttiva non detta regole specifiche. Peraltro, potrebbe risultare utile fissare a livello europeo la predisposizione di codici di buone pratiche in materie quali la gestione e il controllo dei rischi di investimento. Al riguardo, al fine di elevare al probabilità di conseguire rendimenti adeguati ma al contempo limitare il rischio di investimento (che nei fondi a contribuzione definita grava sugli iscritti), andrebbe favorita l’adozione da parte dei fondi di schemi di tipo life-cycle, che consentano agli iscritti di usufruire di una riallocazione automatica della loro posizione previdenziale da investimenti azionari a impieghi più prudenziali. Tali schemi dovrebbero essere adottati come soluzione di default, in modo tale da fungere da punto di riferimento per gli iscritti, ferma peraltro restando la possibilità per gli stessi di compiere liberamente scelte diverse. Inoltre, un sistema di tutele efficace non può prescindere da una vigilanza forte e dall’individuazione di strumenti che sappiano coniugare le aspettative di crescita e di redditività ad un contenimento dei rischi efficace, tenendo presente quindi la distinzione tra investimenti finanziari e risparmio di natura previdenziale, che risponde ad un bisogno sociale, prima ancora che economico. A livello di Unione europea potrebbe essere utile ragionare sulle tipologie di intervento idonee a ridurre rischi, nonché sugli investimenti cosiddetti istituzionali, orientati verso opere infrastrutturali che possono fare dei fondi negoziali un veicolo di sviluppo e di ammodernamento, non solo dei singoli Stati ma anche delle infrastrutture dell’UE.
Regime di solvibilità dei fondi a beneficio definito (quesiti n. 10 e n. 11). Si ritiene che per i fondi pensione sia più utile ed opportuno un modello specifico, diverso e più semplificato di quello previsto per le assicurazioni e per gli istituti di credito. In tal senso si ritiene positiva anche la definizione di un sistema di fondi di garanzia su indicazione europea. Sarebbe altresì auspicabile un intervento chiarificatore a livello europeo, della portata dell’articolo 8 della direttiva 80/987 in materia d’insolvenza dei datori di lavoro alla luce degli orientamenti della Corte di giustizia, nonché un monitoraggio da parte della Commissione delle misure adottate dagli Stati membri al fine di garantire l’effettiva e corretta applicazione della direttiva.
Informazione sui prodotti pensionistici (quesito n. 12). Ogni rafforzamento delle prescrizioni minime di informazione è senz’altro auspicabile. È opportuno salvaguardare la differenziazione tra investimento previdenziale e finanziario. Il Libro verde fa riferimento all’educazione finanziaria, ma sarebbe opportuno porre al centro dell’attenzione l’educazione previdenziale, attesa l’esigenza manifestata da lavoratrici e lavoratori di conoscere, oltre che il funzionamento di quello obbligatorio, il sistema di previdenza complementare, di riuscire a gestire la propria posizione previdenziale.
La necessità di un adeguato modello di trasparenza rappresenta uno degli elementi fondamentali di un efficace sistema di tutela degli iscritti ad un regime pensionistico, sia esso di base o complementare, tuttavia occorre evitare l’eccessiva produzione documentale, che appesantirebbe l’operatività dei fondi pensione, senza peraltro migliorare la conoscenza degli iscritti; in tale contesto iniziative a livello europeo volte all’individuazione e alla promozione di best practices possono rappresentare uno strumento prezioso.
Opzioni di “default(quesito n. 13). Come già osservato al n. 9, si ritiene opportuno che vi siano degli orientamenti comuni rivolti ad applicare ai lavoratori iscritti le soluzioni in linea di principio per loro più convenienti – in ragione delle specifiche condizioni di età e di reddito di ciascuno – rispetto all’iscrizione ai fondi, alla contribuzione, e alla tipologia degli investimenti. Ciò senza peraltro negare loro la possibilità di decidere diversamente qualora essi ritengano che la soluzione fissata come “default” (in difetto di una loro scelta) sia da loro considerata inadeguata.
Un obiettivo che l’UE dovrebbe perseguire di concerto con i Governi nazionali dovrebbe essere sensibilizzare gli aderenti alle questioni dell’invecchiamento della popolazione e le sue conseguenze sui sistemi pensionistici, al fine di stimolare comportamenti virtuosi dei lavoratori, specie delle giovani generazioni.

Sul piano nazionale:
si sottolinea la necessità di proseguire la riflessione sugli aspetti peculiari concernenti il sistema previdenziale italiano, che – anche alla luce della complessa attività conoscitiva svolta dalla XI Commissione – appaiono più delicati, anche al fine di definire la posizione dell’Italia nella fase ascendente rispetto alle iniziative preannunziate, sulla materia, dalla Commissione europea nel programma legislativo e di lavoro per il 2010 (COM(2010)135), con particolare riferimento alla presentazione del Libro bianco, che recherà soluzioni strutturali e formulerà raccomandazioni sui sistemi pensionistici, nonché nella già richiamata Comunicazione “Verso un atto per il mercato unico”. A tal fine, appare importante che il Governo italiano accolga l’invito rivolto agli Stati membri a fornire i propri contributi nell’ambito delle predette proposte, tenendo conto anche di quanto emerso nell’esame del presente documento, e che esso mantenga costantemente informato il Parlamento sull’andamento dei negoziati a livello europeo per la definizione delle iniziative conseguenti ai richiamati documenti comunitari.

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