DOMANDE E RISPOSTE SUL PROGETTO FLEXSECURITY (D.D.L. ICHINO E ALTRI N. 1481/2009 E N. 1873/2009, ARTT. 2119-2121)

LE LINEE FONDAMENTALI DEL PROGETTO VOLTO A COMBINARE IL MASSIMO POSSIBILE DI FLESSIBILITA PER LE STRUTTURE PRODUTTIVE CON IL MASSIMO POSSIBILE DI SICUREZZA PER IL LAVORATORE DIPENDENTE NEL MERCATO DEL LAVORO

Intervista a cura di Brunella Polignano, Circolo 2PD di Milano, in preparazione del faccia a faccia con Stefano Fassina di lunedì 11 ottobre 2010

Quale è il modello di riferimento?
Per quel che riguarda il livello del trattamento di disoccupazione e dei
servizi di assistenza per la ricollocazione, il modello a cui si ispirano il mio
progetto flexsecurity (d.d.l. n. 1481 e n. 1873/2009) è quello danese: in
Danimarca il trattamento è pari al 90% dell’ultima retribuzione per il primo
anno successivo al licenziamento, poi 80% il secondo, 70% il terzo e 60% il
quarto. E, come in Danimarca, anche in questo progetto la gestione del
trattamento è affidata a un management responsabilizzato circa i risultati:
infatti il finanziamento del trattamento complementare è accollato
all’impresa che licenzia, la quale ha dunque tutto l’interesse a che il
lavoratore venga ricollocato il più presto possibile. La stessa impresa è
dunque incentivata anche a scegliere i servizi di assistenza intensiva più
efficaci (il cui costo sarà però rimborsato dalla Regione, anche con i fondi
del Fondo Sociale Europeo).

A quali imprese si riferisce il progetto?
Il nuovo regime è destinato ad applicarsi: A) a tutte le imprese e organizzazioni
non imprenditoriali alle quali oggi si applica l’articolo 18 dello Statuto dei
lavoratori: in questa area il costo del trattamento complementare di disoccupazione
è posto interamente a carico dell’azienda che icenzia; B) a quelle che sono al di sotto
della soglia dei 16 dipendenti; in questa area l’onere corrispondente al costo medio
del trattamento complementare di disoccupazione (stimato allo 0,5% del monte
retribuzioni) è posto a carico dell’Erario. Nella fase di sperimentazione, questo onere
sarà prevedibilmente molto ridotto, perché saranno prevedibilmente poche le piccole
imprese interessate; quando la riforma sarà a regime, il costo complessivo per
l’Erario è stimato in circa 500 milioni l’anno: un costo che merita di essere pagato
per il superamento del dualismo attuale tra imprese di dimensioni medio-grandi
e di imprese sotto la soglia dei 16 dipendenti.

A quali lavoratori si applica il nuovo regime, secondo il progetto?
A tutti i lavoratori in posizione di dipendenza economica dall’azienda
per cui essi lavorano. Si intendono per tali: A) tutti i lavoratori subordinati;
B) tutti i collaboratori che traggono più di due terzi del loro reddito di
lavoro da uno stesso rapporto, salvo che il loro reddito annuo superi i
40.000 euro

Quali sono i principali elementi della proposta?
Esclusi solo i casi classici di contratto a termine (stagionali,
sostituzioni, spettacolo, ecc.) tutti i lavoratori dipendenti – definiti come
si è detto sopra – sono assunti a tempo indeterminato; tutti protetti in
modo pieno (art. 18) contro le discriminazioni e contro i licenziamenti
disciplinari ingiustificati; nessuno inamovibile, perché viene eliminato il
controllo giudiziale sul licenziamento per motivi economici od organizzativi:
in quest’ultimo caso il “filtro” delle scelte imprenditoriali è costituito dal
costo del licenziamento: oltre al trattamento complementare di
disoccupazione di cui si è detto all’inizio, una indennità di licenziamento pari
a una mensilità per ogni anno di anzianità di servizio (questa indennità è
dimezzata nelle aziende sotto i 16 dipendenti, per non determinare un
aggravio rispetto al costo medio attuale del licenziamento per motivo
oggettivo: da 2,5 a 6 mensilità).

In particolare per i lavoratori autonomi quali sarebbero i benefici?
Per i collaboratori autonomi che rientrano nella definizione del “lavoro
economicamente dipendente” si determina una parificazione sostanziale con il
lavoro subordinato, sia sotto il profilo previdenziale, sia sotto quello
della protezione della continuità del lavoro e del reddito. Per i lavoratori
autonomi “veri”, cioè quelli non in posizione di dipendenza economica,
la nuova disciplina previdenziale e le altre misure di sostegno sono oggetto
di un altro disegno di legge.

Quali sono gli altri elementi messi in luce nel tuo progetto?
Fa parte del sistema di flexsecurity delineato nel progetto anche una profonda riforma
della Cassa integrazione guadagni, con drastica riduzione del relativo contributo (che
oggi è destinato per tre quarti al ripianamento del deficit pensionistico dell’Inps),
semplificazione delle procedure di accesso per consentirlo più agevolmente alle imprese
di piccole e medie dimensioni, sostituzione integrale dell’attuale filtro della c.d. “causa
integrabile” con una franchigia a carico dell’impresa, pari al 25% del trattamento comples-
sivo (20% della retribuzione del lavoratore interessato). Secondo le stime effettuate sulla
base dei dati forniti dall’Inps, il contributo per la Cig nel sistema delineato dal progetto,
con la franchigia a carico dell’impresa, potrebbe essere ridotto dal livello medio del 3%
attuale allo 0,75% delle retribuzioni lorde. Due punti di riduzione del costo del lavoro,
che potrebbero essere destinati per due terzi ad aumentare le retribuzioni e un terzo a
sgravio per le imprese.

Quali sono le tue critiche più rilevanti al “decalogo” proposto da Stefano Fassina?
Concordo con tutte le misure contenute in quel documento, che sono tutte perfettamente compatibili con il mio progetto. Osservo soltanto che esse non bastano per superare l’apartheid nel mercato del lavoro: le nuove assunzioni continueranno ad avvenire tutte con contratti di lavoro a termine, “a progetto”, o con partita Iva. Non basta, infatti, per sradicare questa elusione del diritto del lavoro, parificare le aliquote contributive: le imprese saranno sempre fortemente incentivate a ricorrere a quelle forme di lavoro meno protette, o per nulla protette, perché esse garantiscono la possibilità di liberarsi del lavoratore se le cose non vanno bene, per suo demerito o per cause oggettive. Finché non ci sarà una unica forma di protezione della continuità del lavoro e del reddito per tutti i lavoratori economicamente dipendenti, avremo sempre quelli di serie B (ma anche di serie C o D) che porteranno da soli tutto il peso della flessibilità di cui il sistema ha bisogno.

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