NON E’ MAI CHI SUBISCE INGIUSTIZIA A MENARE LE MANI

RIFLESSIONI SULLE CAUSE DEI FOCOLAI DI VIOLENZA, DOPO IL FALLITO ATTENTATO A MAURIZIO BELPIETRO, DIRETTORE DI LIBERO

Intervista a cura di Mauro Favale, pubblicata su la Repubblica il 2 ottobre 2010 – Sugli atteggiamenti faziosi che contribuiscono all’avvelenamento del clima v. anche la mia comunicazione al seminario Arel del 29 settembre, Pomigliano: un case study sull’uso politico della disinformazione 

Roma — Dopo quello che è successo due sere fa a Maurizio Belpietro, Pietro Ichino è «preoccupato». Il senatore del Pd, giurista, minacciato e contestato in passato per le sue posizioni sul mercato del lavoro e per questo finito sotto scorta, sperava «di non dover leggere più notizie di questo genere». «È vero — afferma — la gente in giro è preoccupata seriamente per le sorti del Paese. E però, in qualche caso, quando vado in giro per l’Italia o insegno all’Università, percepisco anche un clima pesante. Avvelenato, oserei dire».
Alimentato da cosa?
«Pesa molto la sensazione diffusa che, di fronte ai problemi gravissimi del Paese, a Roma si riesca a discutere solo delle questioni giudiziarie personali di Silvio Berlusconi. Mettiamoci anche la rozzezza dei toni di membri influentissimi del Governo, come lo stesso premier che attacca e insulta un giorno sì e uno no le altre istituzioni. O il turpiloquio del capo della Lega. Ma vedo qualche responsabilità anche dall’altra parte, in casa nostra».
E cioè?
«La faziosità con cui una parte della sinistra politica e sindacale affronta questioni di importanza cruciale. E che impedisce di guardare in faccia la realtà».
Per esempio?
«Penso all’accordo di Pomigliano: si è accreditata la tesi secondo cui quell’accordo violerebbe la legge italiana, anzi addirittura la Costituzione, mentre non è così. Le vere questioni in gioco riguardano l’organizzazione e i carichi di lavoro, la modifica marginale di alcune clausole contrattuali; questioni di competenza del sindacato, comunque, sulle quali è giusto e utile che possa decidere la coalizione sindacale che ha la maggioranza dei consensi, com’ è accaduto a Pomigliano».
E tutto ciò avvelenerebbe il clima?
«Se non si fosse accreditata la tesi che l’accordo viola legge e Costituzione, si sarebbe discusso solo, e molto più pacatamente, di organizzazione del lavoro, appunto; e probabilmente nessuno si sarebbe sognato di tirare un candelotto su Raffaele Bonanni».
Per qualcuno questo clima ricorda la vigilia degli anni di piombo. Paragone azzardato?
«Quella stagione non tornerà. Si acuirà il disagio sociale, aggravato dall’incapacità dell’Italia di crescere, di approfittare degli aspetti positivi della globalizzazione. Ma a menare le mani non sono mai le persone che soffrono di situazioni di disagio, e neppure quelle che subiscono ingiustizie gravi. La violenza nasce da tutt’altra parte».
Più volte lei ha dichiarato di voler incontrare chi la contesta. È riuscito a instaurare un dialogo con qualcuno dei suoi detrattori?
«Sì. All’università, ogni volta che un gruppo o un “collettivo” mi ha contestato, sono andato alle loro riunioni, ho discusso con loro; e subito i toni si sono smorzati. Molti di loro sono venuti alle mie lezioni e ai miei seminari, hanno discusso con gli altri studenti e con me. Ultimamente, invece, ho provato a proporre una discussione al gruppo che ha tentato di impedirmi di parlare alla festa del Pd, a Milano: non mi hanno neppure risposto».

 

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