LANCHESTER: UNA ROAD MAP VIRTUOSA, PER LA RIFORMA DEL SISTEMA ELETTORALE IN SENSO STRETTO

UN DOCUMENTO PREZIOSO PER L’INQUADRAMENTO CONCETTUALE, STORICO E COMPARATISTICO DEL TEMA DEL SISTEMA ELETTORALE A COLLEGIO UNINOMINALE E IN PARTICOLARE DEL C.D. “MODELLO NEOZELANDESE”

Contributo diFulco Lanchester, ordinario di Diritto costituzionale italiano e comparato nell’Università di Roma “La Sapienza”, in preparazione del seminario su “L’uninominale possibile” che si è svolto a Roma, a Palazzo Giustiniani, il 29 settembre 2010

Sommario: 1-Gli  appelli  estivi. 2-La  necessità  di  una  seria  riflessione. 3-Gli  esempi  neozelandese  e  britannico. 4-La  proposta. 5-Conclusioni

1. Gli  appelli  estivi – Le  convulsioni  balneari   della   maggioranza   e  i  corrispondenti (ma  non   così  rilevanti)  dibattiti   interni  al   maggior  partito    di  opposizione    hanno  comportato      una  rinascita    di  interesse  per     l’argomento relativo  alla   riforma del    sistema  elettorale.   Il  dato  obiettivo  di  un   meccanismo     di  trasformazione  dei  voti  in  seggi  considerato   dalla  stragrande    maggioranza  dei  partner una  porcata (secondo  la  efficace  definizione   dello  stesso   padre   della  legge  270 del 2005)  si   è  sposato   con  la  necessità  di  mettere  un  argine   all’ipotesi  di  interruzione  della  legislatura, avanzata   in  maniera  ferma   dalla  Lega   e  in  modo   altalenante  dal  Presidente   del  Consiglio  e   da  alcuni  suoi  consiglieri.

In  questa  specifica  prospettiva l’iniziativa a  favore  del  collegio  uninominale  operata   attraverso  l’appello  di  “ Quarantadue politici e studiosi in campo per la riforma elettoraleapparso sul  “Corriere  della  sera” del  28  agosto  ha  costituito   un  classico  della   genericità  mobilitativa  in   campo istituzionale. Intraprendere  una simile  battaglia    per   l’introduzione  del   collegio  uninominale  significa, in  realtà,  ribadire  solo  la  richiesta   di   mutamento  di  un sistema  elettorale che  ha  sostituito   il  principio  elettivo  con  quello  della  nomina,  ma   nello  stesso  tempo rinunciare   ad   identificare,  da  un  lato,   una  specifica  soluzione  tecnica, dall’altro una   concreta  strategia   istituzionale.  Come  è  noto,  al  collegio  uninominale  possono   collegarsi, ad  es.,   meccanismi  di  tipo  maggioritario simili  a  quelli  adottati  negli   ordinamenti   anglo-americani (il  plurality britannico  o  il  voto alternativo  australiano)  o   in  quello  francese (doppio turno); oppure strumenti  misti  come   il cosiddetto   grabensystem (adottato  in  alcuni   ordinamenti  dell’Europa centro-orientale);o-infine- speculari  come la proporzionale personalizzata” adottata  in  Germania.

Lo  stesso  difetto, seppur  attenuato,  affligge   l’appello  firmato  da   alcuni  costituzionalisti   per  il  mutamento  della legge   elettorale e  pubblicato il  9  settembre su  alcuni  giornali  nazionali. La  richiesta     principale   del  documento è  quella   di  abolire  il  premio  di  maggioranza  sostituendolo  o  con   un  sistema “misto”  con  clausola  di  esclusione  o  con  il  doppio  turno  di  tipo  francese.   Anche  in  questo  caso     la  necessaria  genericità  dell’appello   ha  visto  i  firmatari  del  documento concentrare   la  loro  critica   sul  premio  di  maggioranza, lasciando  aperte   soluzioni  alternative   estremamente  differenti .

2. La  necessità  di  una  seria  riflessione – In  un  panorama  degradato  come  quello  italiano risulta senz’altro   positivo  richiedere   la  riforma  del   meccanismo  di  elezione  per  le  Camere (che un recente  sondaggio certifica  come inviso  allo  stesso  Corpo  elettorale),  ma   perché  questo   progetto  abbia  un  senso    bisogna-  a  mio  avviso-  dargli  la  forma  di  un  percorso   coerente  sia  dal  punto  di  vista   costituzionale  che  da  quello  politico.

La   normativa  elettorale  –  è  bene  ricordarlo  ai  distratti-  non  soltanto  si  connette   con  la  forma  di   Stato  ed  influisce  sulla   forma  di  governo,  ma   risulta  strettamente  connessa  con  il  regime ovvero  con  le   norme, i  valori, le  regole  del  gioco  e  le  strutture  di  autorità  in  cui  agiscono  i  soggetti  politicamente    rilevanti. In  particolare   il    mutamento  del  sistema  elettorale    in  senso   stretto    non  soltanto   è  difficile    per  ragioni   sostanziali,  ma  investe   la  struttura  più  intima  dell’intero  edificio  costituzionale.    Non   è  dunque  un  caso   che   la  stessa    polemica  estiva  sul  rapporto  tra  Costituzione    formale e    “costituzione  materiale” abbia  avuto  come   oggetto   proprio  le  modificazioni  che   attraverso   la  normativa    elettorale  sarebbero  state   introdotte  all’interno  del    sistema  istituzionale italiano,   con   conseguenti   effetti   torsivi sulla  stessa  Costituzione  del  1948.

A  me  sembra   sia  giunto   il  momento     di   riflettere    seriamente   su  un  percorso  virtuoso  per  evitare  che ci  si  impantani  in rinnovati  e  sterili  dibattiti   all’interno  del   ceto  politico;   o che    si  ritorni  alla rozza  strategia  del   referendum  abrogativo,  che  ha  caratterizzato la crisi  di  regime degli  anni  ‘90.  L’esempio  comparatistico      offre  la   possibilità   di  meditare    su  percorsi    tendenzialmente  razionali  anche  all’interno   della  polemicità  dell’argomento. In  questa   dimensione       è- a  mio  avviso-  interessante    analizzare    per   prima   cosa  la  strada  esplorata  circa   venti  anni  fa  dalla Nuova  Zelanda e   oggi  ,in  maniera  seppur   differente,  dalla  stessa Gran   Bretagna, per   ipotizzare  una    road  map adatta  alla   situazione  italiana, che  coinvolga   sia   le  strutture  di  partito,sia  le  istituzioni. Da  simili  esempi   è  possibile trarre     suggestioni   operative    per   il  nostro   ordinamento.

3. Gli  esempi  neozelandese  e  britannico – Durante  gli  anni  ‘80   in  Nuova  Zelanda  il  Governo  laburista di  David  Russel  Lange, insoddisfatto  delle   prestazioni   del  plurality (che    aveva   fatto   divenire  l’ordinamento    neozelandese  -a  detta  di  Lijphart-  l’esempio classico  del  modello Westminster,ma  che  aveva   anche  per   ben  due  volte  premiato   con  la  maggioranza  dei  seggi   la  formazione   con  la minoranza  dei  voti),   decise  di  modificare  il  sistema  elettorale  in  senso  stretto.  La   innovazione  elettorale  venne   introdotta  attraverso  l’intervento  combinato  di  esperti(la Royal Commission on the Electoral System, che   provvide   a  redigere  un rapporto rilevante  per  il  percorso  successivo), del  Corpo elettorale (attraverso  due  consultazioni  referendarie nel  1992 e  nel  1993) e  del   legislativo,  che  introdusse   la  nuova  legge  elettorale ( un  meccanismo  di  tipo tedesco con  clausola  di  esclusione),riformando  quella  del  1956,  che  aveva  previsto la  necessità  del  referendum.

In  Gran  Bretagna  la  nuova  coalizione  di  governo, formatasi  dopo  le  recenti   elezioni del  2010,   non  soltanto  sta   blindando  la  legislatura  con  un progetto  di  legge relativo  alla   durata  della  stessa   fino  al  2015,  ma  –  soprattutto  –  ha  previsto   che –  con  un  ulteriore    progetto  in  discussione  in  queste  settimane     davanti  alle  Camere- nel  maggio  dell’anno  prossimo  si  tenga  un referendum popolare per   il  mutamento  del  sistema  elettorale  in  senso  stretto.  Il First Past the Post (FPP, ovvero  il classico plurality)  verrebbe  sostituito   con  il  sistema   del   voto  alternativo  in  collegio   uninominale , meccanismo  utilizzato  dagli  anni  Venti  in  Australia  per  la House of Representatives. Una  simile  innovazione (per  sintetizzare:un  doppio  turno  in  turno  unico) certifica,    da  un  lato,  la   politicità  delle  scelte   in  materia,  dall’altro  la  sostanziale chiarezza  del  percorso  intrapreso  sia    sotto  il  profilo   costituzionale   che   della  comprensibilità.

In  effetti, ancora  all’inizio  di  quest’anno,  i Conservatori britannici  erano  fortemente  contrari    ad  ogni  tipo  di  innovazione,  mentre  i  liberal-democratici  di  Nick  Clegg  erano  vivaci assertori   di  una  riforma  propozionalistica alla  tedesca. La  soluzione   recuperata   vede  nel   voto  alternativo  trasferibile in  collegio  uninominale (detto anche preferential voting)  o  strumento  per   rafforzare   la  coalizione   liberal-conservatrice (così come   era  successo  in  Australia  tra  conservatori  e Country  Party negli  anni  Venti  del  secolo  scorso)  e,  nello  stesso  tempo,  ha  provveduto   a recuperare una   proposta  lanciata  dal   leader laburista   Brown   per   allettare  i  liberal-democratici   nel  periodo    finale  del  suo  mandato.

4. La  proposta – Sintetizzo  il  percorso   virtuoso    che  potrebbe     essere   adottato   nel  nostro  ordinamento  e  premetto   che la  proposta  si  articola   sia   per  l’ambito  intrapartitico o  coalizionale,  sia  per  quello più  classicamente istituzionale.   Per  quanto    riguarda    il  livello   del  Corpo  elettorale,in  sostanza   i  cittadini  politicamente  attivi   dovrebbero  essere  interrogati   attraverso referendum consultivo se   mantenere  il  sistema  vigente  oppure  modificarlo e,  se   favorevoli  al  cambiamento, rispondere   sulle   eventuali alternative   tra  le  quali  operare  –  successivamente –   un’altra  consultazione  popolare,     che  contrapponga    il   cosiddetto porcellum al  meccanismo   prescelto  nella  prima  votazione.   Un  simile  referendum,  preceduto  dalle    proposte  suggerite   da    una  apposita   Commissione   e  capaci di  ridurre  le    opportunità   da  presentare  agli  elettori,   attribuirebbe  la  decisione   sostanziale    agli  elettori   e,  nello  stesso  tempo, fornirebbe   coerenza  tecnica ex ante alla  scelta,certificata ex-post dalla  deliberazione  parlamentare.  Verrebbe, quindi,  favorita  la  opzione   popolare, ma  con  la   determinante    partecipazione   delle Assemblee  parlamentari  per  quanto   riguarda  gli  aspetti  tecnici.

La  questione  se  sia   legittimo  un     simile  referendum  consultivo   nell’ambito  del  nostro  ordinamento    può  essere  risolta  richiamando  il  precedente   della   consultazione popolare  di  indirizzo   del  1989, effettuata     in   materia  europea  ed   introdotta  con  legge  costituzionale(L.cost. 3 aprile 1989, n. 2, Indizione di un referendum di indirizzo sul conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo). Di  qui  un  ulteriore  pregio  dell’ipotesi  prospettata:  si   garantirebbe    la  copertura     costituzionale  sostanziale   del   meccanismo   elettorale   prescelto, liberandolo    dalle   variabili    maggioranze   parlamentari  ed  affidando la  scelta   dello  stesso   all’azione  congiunta      del   Corpo  elettorale e  della    rappresentanza  parlamentare.

 

5. Conclusioni – Non  mi  nascondo   che   un  simile  percorso  risulta   formalmente  complicato   e richiede    condizioni  politiche  particolari  difficilmente    recuperabili  in  un  sistema  slabbrato  come    quello  italiano, dove   oramai  il  gioco  dell’innovazione  istituzionale   ha  assunto   le  caratteristiche   di  scelta  totalmente scissa  da  parametri     di  interesse   sistemico.   Ma  proprio  per   contrastare   una  simile  realtà,  che  evidenzia  un  sempre  maggiore  distacco   del  Corpo  elettorale  dalla   rappresentanza ed un  indebolimento  della   partecipazione  politica, la  questione  dovrebbe    essere  per  prima    cosa messa  nell’agenda   dei   partiti, con  l’indizione   di  consultazioni  programmatiche   sull’argomento,  in  maniera    che  gli  iscritti e   gli  elettori  d’area   possano   dibattere,comprendere  e    deliberare  in  materia. In  questo  modo   il   tema   non  soltanto   uscirebbe   dalle  pur  importanti   sale   autoreferenziali   degli  esperti (v.in  proposito  il  Seminario  promosso   dal Forum  Riforma  dello  Stato  del  PD ,14  giugno 2010) per   coinvolgere   un  pubblico  più  vasto,  ma  soprattutto   collegherebbe    in  maniera  indispensabile   le  opzioni  tecniche     con  quello  fondamentale   dei  soggetti    con  cui    approvarle. Una  simile  discussione    contribuirebbe,  probabilmente,  anche  alla  riattivazione    di  quel  tessuto   di  democrazia  infrapartitica,  che  la  dinamica  carismatico-plebiscitaria   dell’ultimo  ventennio    sembra  avere   completamente  accantonato.

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