POICHE’ E’ ONEROSO PER GLI ELETTORI PARTECIPARE A DUE TORNATE ELETTORALI, SI POTREBBE SCEGLIERE IL SISTEMA DEL COLLEGIO UNINOMINALE CON VOTO ALTERNATIVO IN USO PER LA CAMERA BASSA IN AUSTRALIA, COME PROPOSTO NEL DDL CECCANTI-ICHINO N, 2312
Contributo dI Augusto Barbera, ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Bologna, in preparazione del seminario su “L’Uninominale possibile” che si è svolto a Roma, a Palazzo Giustiniani, il 29 settembre 2010
Una premessa di metodo. Prima di discutere di sistemi elettorali bisogna porsi con chiarezza l’obbiettivo che si vuole perseguire. Non trovo utili i polveroni derivanti da uno scomposto turbinio di sistemi elettorali né trovo onesto prendere a pretesto la necessità di un voto diretto dei cittadini sui rappresentanti per togliere agli stessi (senza dirlo) il potere di decidere sulla formazione dei governi.
Queste le domande preliminari. Si vuole alimentare un sistema bipolare oppure si vuole un sistema multipolare? Si vogliono lasciare liberi i partiti di procedere in Parlamento alla formazione dei governi oppure deve essere decisivo il voto degli elettori ? Si vuole la c.d. “centralità del Parlamento “ (vale a dire governi di tipo assembleare) ovvero la centralità del raccordo Parlamento-elettori (vale a dire governi di gabinetto)? Solo dopo avere fatto queste scelte si può parlare in modo produttivo di sistemi elettorali.
La traduzione dei voti in seggi. Se si vuole rafforzare il bipolarismo a me pare che, nella realtà italiana, ci si debba necessariamente orientare:
1) verso sistemi che abbiano alla loro base un premio di maggioranza, sia esso espresso (come nel “porcellum” o nei sistemi elettorali locali) o sia esso occulto (come nei sistemi uninominali, puri o misti, o proporzionali ma fortemente selettivi come nel sistema spagnolo);
2) verso un sistema uninominale a doppio turno (in cui il premio esiste ma è nella disponibilità degli elettori). Poiché è oneroso per gli elettori partecipare a due tornate elettorali si potrebbe scegliere il sistema del collegio uninominale con voto alternativo in uso per l’elezione della Camera dei rappresentanti in Australia, come proposto nel progetto di legge Ceccanti-Ichino n.2312.
Un sistema proporzionale, anche se con soglia di sbarramento (ad esempio quello tedesco), non renderebbe possibile la persistenza in Italia di un sistema bipolare. Nessuno dei partiti e nessuna delle coalizioni sarebbe oggi in grado di raggiungere la maggioranza dei voti necessaria per conseguire la maggioranza dei seggi. Diventerebbero necessarie coalizioni postelettorali che alimenterebbero la formazione di un grande partito di centro, perno immobile in grado di favorire ora governi di centro destra ora di centro sinistra.
Si avrebbe un sistema non bi-polare ma tri-polare. Gli effetti regressivi sarebbero evidenti. Da un lato un siffatto partito di centro alimenterebbe la tentazione di ricostituire l’unità politica dei cattolici. Dall’altro, divenendo esso un perno per la formazione negli anni di un qualunque governo, potrebbe pericolosamente attirare quella parte del ceto politico che è più interessata ai vantaggi del (sotto) governo (in ogni caso va tenuto presente che l’eventuale adozione del voto alternativo favorirebbe i partiti più moderati dello schieramento bipolare perché quel meccanismo di voto favorisce i partiti “meno osteggiati”).
La scelta dei candidati. Quale che sia il sistema elettorale prescelto bisogna porsi con forza il tema della selezione dei candidati. Il potere di ristrette oligarchie partitiche di determinare, in pratica, l’intera composizione delle due Camere è un punto di notevole sofferenza democratica sia per gli elettori espropriati sia per la qualità della rappresentanza.
Tre le strade possibili (eventualmente accompagnando le prime due con elezioni primarie): 1) ritorno ai collegi uninominali, o maggioritari o inseriti all’interno di un sistema proporzionale con premio di maggioranza; 2) liste bloccate in collegi pressoché corrispondenti alle attuali province, o a multipli o sottomutipli della stesse (come in Spagna 3-4 candidati, tranne Madrid e Barcellona); la presenza di liste corte consentirebbe quel controllo del territorio o quel rapporto diretto tra eletti ed elettori che è reso invece assai problematico dal “porcellum”; 3) ritorno al voto di preferenza (unico o plurimo). Va tenuto presente tuttavia che quest’ultimo sistema (ormai presente in pochissimi paesi) ha dato pessima prova in quanto richiede ai candidati la disponibilità di risorse finanziarie ingenti (è stato causa non ultima di Tangentopoli) e introduce ulteriori elementi di frantumazione all’interno dei partiti, che si sommerebbero a quelli derivanti dalla frantumazione del sistema politico.