DIETRO GLI SCONTRI VIOLENTI TRA STUDENTI “DI DESTRA” E “DI SINISTRA” VEDO PIU’ UNO STANCO RITO IDENTITARIO CHE UN VERO CONTRASTO IDEOLOGICO O POLITICO
Testo integrale dell’intervista a cura di Annachiara Sacchi, pubblicata sul Corriere della Sera del 26 settembre 2010 con alcuni tagli per motivi di spazio
Un giovane è rimasto ferito nel corso di tafferugli a Milano tra appartenenti ai gruppi dell’estrema destra e dei centri sociali davanti al liceo Manzoni di via Orazio, dove gruppi di destra stavano effettuando un volantinaggio. I tafferugli sono avvenuti dopo che una sorta di tam tam scolastico e via Internet aveva preannunciato l’intenzione dei giovani dell’estrema destra di volantinare davanti al Manzoni.
Al professor Ichino, che ha frequentato il liceo classico Manzoni tra il 1963 e il 1967, chiediamo: anche allora c’erano episodi di violenza, scontri tra ragazzi di destra e di sinistra?
No: prima del 1968 non è mai accaduto nulla di questo genere. Negli anni del mio liceo, il grande discrimine era tra Gioventù Studentesca (antesignana dell’odierna Comunione e Liberazione), che invitava gli studenti a non partecipare alle elezioni per le associazioni di istituto, e i “laici”, che vi partecipavano.
Scontri duri?
Sul piano ideologico, forse. Ma neanche poi tanto duri: quando, nell’ottobre 1966, venni eletto presidente dell’Associazione degli studenti del Manzoni, votarono per me anche i giessini, insieme a tutti gli altri.
Cosa è cambiato secondo lei rispetto a quegli anni?
Anche se questo può apparire paradossale, sarei portato a dire che nell’ultimo quarto di secolo si è ridotto il contenuto culturale, e anche ideologico se vogliamo, della militanza in questo o quel gruppo, partito o movimento; ed è aumentato il contenuto rituale. Purtroppo, in alcuni gruppi il “rito” comprende anche la ricerca dello scontro violento.
Anche in base alla sua esperienza personale, crede che Milano corra il rischio di vivere una nuova stagione di tensione?
Tensione sì, perché i problemi economici e sociali si stanno aggravando. Ma non credo che la tensione si tradurrà in aumento degli episodi di violenza: a menar le mani non sono quasi mai le persone che soffrono di ingiustizie, o di situazioni di grave disagio.
Scuole e università stanno diventando luoghi “caldi” del dissenso?
In qualche misura lo sono sempre stati. Ma non mi sembra che l’estremismo nasca nelle scuole o nelle università: queste possono essere talora terreno di coltura di comportamenti violenti, ma il luogo d’origine va cercato altrove.
Una curiosità: perché succede tutto al Manzoni? È una scuola “speciale”?
Dagli anni ’70 il Manzoni si è caratterizzato, tra i licei milanesi, come uno di quelli dove sono più frequenti le manifestazioni di protesta e le occupazioni. Lo ho visto da vicino, fino alla fine degli anni ‘90, perché anche le mie due figlie hanno studiato lì. Non mi è parso che queste agitazioni corrispondessero a una maturazione politica degli studenti: mi è parso che fossero, semmai, negli anni ’80 e ’90, effetto di un difetto di rigore e capacità, o volontà, didattica del preside e di una parte troppo grande degli insegnanti.