PERCHE’ VOGLIONO IMPEDIRMI DI PARLARE

E’ LA VECCHIA TECNICA POLITICA CHE TENDE A ISTITUIRE IL TABU’ PER TRONCARE LA DISCUSSIONE SUL NASCERE – MA OGGI A ESSERE ISOLATI SONO LORO, NON IO

Intervista a cura di Paolo Griseri, pubblicata con numerosi tagli per mancanza di spazio su la Repubblica, 15 settembre 2010, dopo l’episodio del 13 settembre che aveva visto una ventina di membri di un Centro sociale tentare di impedirmi di parlare a un dibattito pubblico, alla Festa del Partito democratico di Milano

Professor Ichino, lei ha detto che si sente vittima della stessa tecnica di deligittimazione che venne usata per Marco Biagi. Perché proprio oggi ha deciso di fare questo accostamento?

E’ la stessa cosa che ho detto alla Corte d’Assise di Milano nel processo ai brigatisti che preparavano una aggressione contro di me. Lunedì sera il mio intervento non è stato contestato: si è cercato di impedirmi di svolgerlo. Secondo queste persone, delle tesi che io sostengo non si deve neppure discutere: per questo si propongono di stendere un cordone sanitario intorno a chi considerano politicamente scorretto, anche attraverso la sua demonizzazione personale. E’ quello che fecero anche con Marco Biagi, e che lui percepì in modo molto preciso nei mesi che precedettero il suo assassinio.

Lei crede davvero che ci sia oggi in Italia un clima che potrebbe favorire il ritorno del partito armato?

Non dico questo. Dico solo che, pur concretandosi in comportamenti infinitamente meno gravi dell’assassinio, l’intendimento è sempre quello: impedire di parlare, istituire il tabù perché la discussione sia troncata sul nascere,

Quando lei parla di “cordone sanitario” per non discutere delle deroghe a un contratto, a quali soggetti di riferisce? Non è forse vero che la discussione sulle deroghe è ampiamente presente anche nella sinistra italiana?

Forse se la prendono con me perché la mia critica del diritto del lavoro e del diritto sindacale attuale viene più da lontano ed è più organica: non è espressa soltanto in libri accademici, letti da poche centinaia di persone, ma anche in due libri a carattere divulgativo, uno del 1996 e uno del 2005, “A che cosa serve il sindacato”, che ha venduto decine di migliaia di copie. E poi perché scrivo queste cose sul Corriere della Sera. Il pericolo di inquinamento, in questo modo, è molto maggiore.

Qual è la soglia tra il dissenso e il pericolo?

La soglia sta dove il dissenso non è espresso per discutere, ma si manifesta in forme volte a impedire la discussione, Come è accaduto a Milano lunedì sera.

Com’è possibile che stiano nello stesso partito persone che hanno il suo punto di vista e dirigenti della Cgil che hanno quello esattamente opposto?

Non è così. Ci possono essere divergenze sulle singole scelte, su valutazioni di opportunità. Masugli obiettivi fondamentali ex-dirigenti della Cgil come Achille Passoni o Paolo Nerozzi, oggi parlamentari PD, la pensano come me. anch’io, del resto, sono iscritto alla Cgil, e ormai da 41 anni. Sulla vicenda di Pomigliano, per esempio, l’interrogazione presentata al Governo a luglio con la mia prima firma era firmata anche da Nerozzi e Passoni. E io ho firmato molti loro interrogazioni e progetti: tra i più importanti il disegno di legge di Paolo Nerozzi sul contratto unico di lavoro.

Lei si sente isolato nel suo partito?

Proprio no! I miei due disegni di legge più importanti, quelli per il nuovo Codice del lavoro semplificato presentati nel 2009, sono firmati da 55 senatori del PD. E se li presentassi oggi verrebbero probabilmente firmati da quasi tutti gli altri. All’Assemblea programmatica di maggio la mia mozione sulla flexicurity ha avuto solo cinque voti meno di quella che è stata approvata a maggioranza.

Il suo partito sta sottovalutando i pericoli che lei corre?

No, anche perché non corro pericoli: da otto anni giro sotto una efficientissima protezione della Guardia di Finanza. Comunque tutto il PD mi ha sempre manifestato una solidarietà piena e senza riserve contro le aggressioni verbali e le minacce. E non solo il PD: anche tutti gli altri partiti e le istituzioni dello Stato. Qualche volta mi fa un po’ effetto ricevere tante manifestazioni di solidarietà, persino dai presidenti della Repubblica e delle due camere. L’errore che fu compiuto dallo Stato otto anni fa e che costò la vita a Biagi non verrà più compiuto.

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