CHI PAGA I COSTI DELL’INAFFIDABILITÀ

Mentre la Corte costituzionale dà il suo contributo alla volatilità della legislazione del lavoro, la politica economica del Governo sfida irresponsabilmente la fiducia degli operatori internazionali

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Intervista a cura di Alessandra Ricciardi pubblicata su
Italia Oggi il 2 ottobre 2018 – In argomento v. anche l’articolo pubblicato su lavoce.info, Lavoro: l’Italia ritorna in mezzo al guado, e l’editoriale telegrafico Deficit al 2,4%: non è fattible, ma il solo annuncio fa già danni gravi Continua…

DEFICIT AL 2,4% – 2. NON È FATTIBILE MA IL SOLO ANNUNCIO FA GIÀ DANNI GRAVI

Quale spreco di denaro pubblico è più stupido di questo, generato soltanto dall’annuncio di misure di politica economica che si riveleranno subito non praticabili?

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Secondo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 485, 1° ottobre 2018 – In argomento v. anche La cultura della spesa pubblica come variabile indipendente  Continua…

DEFICIT AL 2,4% – 1. I GIOVANI NON HANNO NIENTE DA DIRE?

Gli adolescenti e i ventenni, cui il Governo vorrebbe accollare 30 miliardi di ulteriore debito, dovrebbero essere i primi a ribellarsi

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Primo editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 485, 1° ottobre 2015 – In argomento, oltre al mio articolo del 1997 linkato nel testo sulle occupazioni autunnali nei licei, v. anche l’editoriale  L’ossessione pensionistica di Cgil e Uil e qualche dato che dovrebbe far riflettere  e il mio faccia a faccia radiofonico con la senatrice 5S Nunzia Catalfo su Il progetto M5S del “reddito di cittadinanza” al vagio di fattibilità  Continua…

IL MINISTRO SENZA MEMORIA

Più ancora che i modi tracotanti e i toni truculenti (“gli autori del Jobs Act sono assassini politici”) con cui il neo-ministro del Lavoro cerca visibilità mediatica, è preoccupante la sua presunzione di poter governare l’Italia ignorandone totalmente la storia lontana e quella recente

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Articolo pubblicato su
Il Foglio il 26 settembre 2018 – In argomento v. anche Se Di Maio ripristina la Cig per le aziende che chiudono  Continua…

LA CULTURA DELLA SPESA PUBBLICA COME VARIABILE INDIPENDENTE

Con i loro atteggiamenti infantili nei confronti del ministro Tria, M5S e Lega invece del “cambiamento” perseguono il ritorno a uno degli aspetti peggiori della prima Repubblica: l’idea che il ricorso al debito possa essere illimitato

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Intervista a cura di Paolo Volonterio, pubblicata con alcuni tagli per ragioni di spazio sul bisettimanale
Il Cittadino di Monza e Brianza, 22 settembre 2018 – Sulla politica del lavoro e del welfare del partito di maggioranza relativa v. pure la mia intervista a Italia Oggi dell’aprile scorso, Ancora sul M5S e la sua battaglia di retroguardia 

 

Il Lions club Seregno Brianza di cui è presidente Massimo Giardina, giovedì 20 settembre, ha organizzato un interessante meeting culturale con Pietro Ichino, 69 anni, giurista, dal 2008 e per 10 anni è stato senatore della Repubblica Italiana fino al 2018 e dal marzo scorso ha ripreso l’insegnamento all’Università Statale di Milano l’insegnamento del diritto del lavoro. L’evento era all’interno di un intermeeting con i Lions club Aid Seregno , Borromeo di Cesano Maderno e Desio.

Professor Pietro Ichino, che cosa l’ha spinta a scrivere il suo ultimo libro, La casa nella pineta (Giunti ed.), che ha presentato giovedì a Giussano?
Ho sentito il bisogno, e al tempo stesso il dovere, di dar conto degli eventi straordinari attraverso i quali sono passato in mezzo secolo di vita adulta, dal ’69 all’ “autunno caldo”, agli anni di piombo nei quali sono stato un bersaglio dei terroristi; e anche degli incontri straordinari che l’hanno segnata, da Don Lorenzo Milani a Bruno Trentin, a Pietro Ingrao e Giorgio Napolitano. Fa parte del “dovere di restituire”.

Un’immagine dell’incontro in margine al quale è stata fatta l’intervista

Venendo all’attualità, qual è il suo parere sul progetto del “reddito di cittadinanza” che il M5S ha posto al centro del proprio programma elettorale e ora si propone di realizzare?
Il nome è sbagliato: con questo termine si intende una rendita che viene erogata dallo Stato a ogni persona, senza altro requisito se non quello della cittadinanza. È una cosa che esiste soltanto in Alaska, per ragioni molto particolari. Quello che propone il M5S è invece uno schema sostanzialmente simile a quello del “Reddito di Inserimento”, condizionato a una situazione di povertà della persona interessata e alla sua disponibilità a partecipare alle iniziative necessarie per l’inserimento o reinserimento nel tessuto produttivo.

Dunque lei è favorevole a questo progetto?
Il M5S propone, sostanzialmente, un notevole aumento dell’entità del sussidio erogato e un ancor più rilevante ampliamento della platea dei beneficiari. Se ci fossero le risorse per farlo, chi potrebbe non essere d’accordo? Il problema è che le risorse sono molto scarse. E quando parlo di risorse scarse non mi riferisco soltanto al denaro, ma anche al know-how operativo per far funzionare davvero la condizionalità dell’erogazione: cioè per rendere effettivo il vincolo della disponibilità del beneficiario alle iniziative necessarie per la rioccupazione.

Cosa pensa del taglio dei vitalizi ai parlamentari definito da Tito Boeri “sistema insostenibile”?
Concordo pienamente con quello che ha detto Tito Boeri. Penso che su questo terreno in passato siano stati commessi degli eccessi gravi, non soltanto dal Parlamento ma anche e forse ancora di più dai Consigli Regionali. Correggere quegli eccessi è giusto, anzi politicamente indispensabile per ricostruire un rapporto di fiducia tra gli elettori e gli eletti. Nelle proposte del M5S vedo però anche qualche cosa di troppo: una volontà di “punizione” indiscriminata di tutti gli ex-parlamentari in quanto tali. Questo intendimento non fa bene né al sistema politico né a quello economico.

A proposito di politica economica, che cosa pensa delle pressioni di Lega e M5S sul ministro Tria perché “trovi i fondi necessari” per attuare i loro programmi a tutti i costi?
Ne penso molto male: con questi atteggiamenti infantili, M5S e Lega invece del “cambiamento” perseguono il ritorno a uno degli aspetti peggiori della prima Repubblica: la cultura della spesa pubblica come variabile indipendente. È la cultura che ha portato ai duemila miliardi del nostro debito attuale.

Sulla legge Fornero vede un certo ripensamento di Salvini?
Non è chiaro se la Lega fa propria la proposta di Alberto Brambilla, consistente in misure che favoriscano la nascita di “fondi di solidarietà” di settore, come quelli dei settori bancario e assicurativo, finanziati principalmente dalle imprese interessate, destinati a consentire il prepensionamento dei sessantenni nelle situazioni di crisi aziendale. Se così fosse, vorrebbe dire che sul terreno pensionistico la Lega ha abbandonato la linea della “soppressione della riforma Fornero”. E sarebbe una gran bella notizia per il Paese: basterebbe questa per abbassare lo spread di una ventina di punti.

Qual è il suo pensiero sulla proposta del ministro di imporre la chiusura domenicale dei negozi?
Ho esposto dettagliatamente in un articolo pubblicato su lavoce.info i nove motivi per cui sono contrario a questa misura. Su questo terreno mi sembra che si debba lasciar operare la contrattazione collettiva. Una eventuale norma legislativa che imponesse la chiusura, del resto, sarebbe comunque derogabile da parte del contratto collettivo aziendale o territoriale.

Problema Olimpiadi invernali , Milano-Cortina, L’Italia può sopportare una simile spesa nelle condizioni in cui si trova, dopo che Roma ha già rinunciato ?
Questi grandi eventi, se gestiti bene, hanno un bilancio complessivamente positivo per l’economia del Paese.

 

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APPUNTI SU IMPROVVISAZIONI E RIPENSAMENTI DI LEGA E 5S

Ora il partito di Salvini sembra riscoprire i fondi di solidarietà di settore regolati dalla legge Fornero come alternativa positiva all’abrogazione della stessa legge: un ripensamento assai opportuno; pessimo invece quello di Di Maio, che sacrifica il progetto di lotta alla povertà in favore della reintroduzione della Cig per le aziende che chiudono

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Intervista a cura di Andrea Carugati, pubblicata su
la Stampa del 17 settembre 2018 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico Se Di Maio ripristina la Cig per le aziende che chiudono Continua…

BEL MONDO ANTICO, IL GOVERNO DELLA NOSTALGIA

Per il futuro dell’Italia i Cinque Stelle sognano, in sostanza, un ritorno al passato degli anni ’60 e ’70: una società chiusa, nella quale metà dell’economia era gestita dallo Stato, il quale copriva generosamente i disavanzi di bilancio di gran parte delle nostre aziende maggiori

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Fondo di Antonio Polito sul Corriere della Sera del 13 settembre 2018

Continua…

ILVA: CHI HA VINTO E CHI HA PERSO

Il grande stabilimento non meritava le persecuzioni a cui è stato sottoposto negli anni passati; i suoi problemi reali, nel contesto urbano, potevano essere risolti altrimenti – Non accontentiamoci che questa storia sia finita bene: cerchiamo di fare in modo che storie come questa, originate da faziosità e incompetenza, non si ripetano

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Articolo di Giuliano Cazzola, pubblicato sul sito
StartMagazine l’8 settembre 2018 – Dello stesso Autore v. su questo sito Lo scarso appeal delle nuove pensioni giallo-verdi Continua…

IL TALLONE D’ACHILLE DI MATTEO SALVINI

Il leader della Lega, alla rincorsa di un consenso diffuso ma volatile, rischia di perdere quello della propria base tradizionale, che vede ora con grande preoccupazione la prospettiva di un isolamento dell’Italia rispetto alla UE

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Editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 483 – Gli altri articoli e documenti sul tema del nuovo spartiacque fondamentale della politica mondiale sono raccolti nel portale dedicato al tema stesso
Continua…

LA FORZA DELLA DEMOCRAZIA

C’è motivo di qualche grossa preoccupazione per questa svolta politica, certo; ma c’è anche almeno un altro motivo per salutarla come un fatto non del tutto negativo

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Editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 480, 6 giugno 2018 – In argomento v. anche gli editoriali precedenti: La volatilità dei consensi elettorali non è a senso unico, del 9 aprile scorso, e Due cose che ci mancano per una buona alternanza al governo

 

Esultanza di M5S e Lega in Senato dopo la lettura del risultato del voto di fiducia al Governo Conte

E così, con la fiducia del Parlamento, la nave giallo-verde è salpata. Un secondo giorno di festa della Repubblica, questo 6 giugno: perché ogni volta che una nuova maggioranza si avvicenda pacificamente al governo del Paese è un successo del metodo democratico. Un successo tanto più apprezzabile quanto più siamo andati vicini, alla fine di maggio, a una situazione di stallo pericolosissima per la nostra democrazia ancora molto giovane. C’è motivo di qualche grossa preoccupazione per questa svolta politica, certo; ma c’è almeno un altro motivo per salutarla con favore: solo l’esperienza dell’avere in mano le leve del potere può far maturare una cultura politico-economica più evoluta nella vasta parte dell’elettorato che per questa svolta ha votato. Quel voto è stato l’effetto in Italia dello stesso vento anti-establishment che ha soffiato vigorosamente, negli ultimi tempi, su entrambi i lati dell’Atlantico: un vento che – lo abbiamo già sottolineato – nell’Occidente sviluppato può considerarsi come una sorta di “rimbalzo” dopo vent’anni di impetuosa globalizzazione, rafforzato in Italia dalla gelata della spesa pubblica conseguente alla crisi del 2011, che è stata vissuta da molti come un sopruso antidemocratico. Senza un’esperienza dei rappresentanti di questa corrente di opinione al timone della cosa pubblica, il vento anti-establishment sarebbe stato destinato a trasformarsi in rancore sordo, in una forma di odio politico che ottunde ogni possibilità di confronto delle idee. Ora invece i sostenitori del Governo giallo-verde saranno costretti a chiedersi perché esso abbia espunto recisamente dal proprio programma ogni minaccia di uscita dall’euro; tra poche settimane saranno costretti a chiedersi perché, conseguentemente, le promesse del reddito di cittadinanza, del “superamento della legge Fornero” sulle pensioni, e dell’Irpef per tutti al 20 per cento non possono essere mantenute. E il porsi queste domande favorirà il ritorno a un dibattito politico meno fazioso.

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