VENGONO AL PETTINE I NODI DI UNA LEGGE CONFUSA E ILLEGGIBILE, IMPOSTA DAL GOVERNO CON UNA CHIUSURA ERMETICA ALLE CRITICHE E PROPOSTE DELLL’OPPOSIZIONE
La mia dichiarazione sul messaggio del Capo dello Stato alle Camere, del 31 marzo 2010. In argomento v. anche il il mio scambio con Michele Tiraboschi sui difetti del Collegato-lavoro dei giorni scorsi. L’emendamento per un rilancio corretto ed efficace dell’arbitrato per la soluzione delle controversie di lavoro, presentato da me con Tiziano Treu, più volte respinto dal Governo al Senato, in seconda e in quarta lettura, in Commissione e in Aula: è riportato qui in coda alla dichiarazione.
Il Presidente della Repubblica censura una legge confusa e illeggibile, presentata originariamente con un testo di 9 articoli e 39 commi, poi via via gonfiata nel corso di quattro letture parlamentari fino a una quintuplicazione del suo volume: “Ho già avuto altre volte occasione – scrive il Capo dello Stato – di sottolineare gli effetti negativi di questo modo di legiferare sulla conoscibilità e comprensibilità delle disposizioni, sulla organicità del sistema normativo e quindi sulla certezza del diritto”: è esattamente la stessa critica che ho più volte mosso a questa legge, sia in Parlamento, sia sul Corriere della Sera. Egli invita poi, più specificamente, il Governo e la maggioranza a una riflessione più attenta su di una norma in materia di sicurezza per il personale marittimo del naviglio di Stato e sulla riforma dell’arbitrato nelle controversie di lavoro: norma, quest’ultima, che interviene su di un capitolo delicatissimo dell’ordinamento, introdotta in modo affrettato nel disegno di legge n. 1167 in seconda lettura, al Senato, e altrettanto affrettatamente modificata in terza lettura, alla Camera. Nel corso del dibattito parlamentare abbiamo ripetutamente denunciato i numerosi profili di grave inopportunità, e anche incostituzionalità di questa norma. E abbiamo anche denunciato la chiusura ermetica della maggioranza alle nostre proposte di emendamento.
Ciò che è in discussione non è la necessità del rilancio dell’arbitrato, come strumento per la soluzione delle controversie di lavoro, e in particolare di quelle relative a diritto nascenti dal contratto collettivo: il Pd ha ripetutamente presentato un emendamento tendente proprio a fare dell’arbitrato “la voce del contratto collettivo” (il suo testo è riportato qui sotto). Il Governo ha respinto questa soluzione, che avrebbe consentito di decongestionare drasticamente il contenzioso giudiziale (il 43% delle controversie di lavoro verte su questioni retributive, il 18% su questioni di inquadramento professionale, entrambe materie di competenza esclusiva della contrattazione collettiva); e ha invece preferito ampliare la possibilità dell’arbitrato nella direzione sbagliata, consentendo che – dove il contratto collettivo non disponga altrimenti – la clausola arbitrale possa essere riferita anche a diritti indisponibili nascenti da legge dello Stato e possa essere inserita nel contratto individuale con cui si costituisce il rapporto di lavoro.
L’EMENDAMENTO ICHINO TREU RESPINTO DAL GOVERNO
Sostituire l’articolo 31 con il seguente:
Articolo 31 – Il contratto collettivo può disporre la soluzione arbitrale di tutte le controversie su diritti nascenti da norme poste dal contratto collettivo stesso o comunque riguardanti istituti posti e disciplinati esclusivamente dal contratto collettivo stesso, disciplinandone liberamente la procedura, con il solo vincolo della corretta instaurazione del contraddittorio tra le parti.