LA NORMA PIU’ PERICOLOSA E’ QUELLA SULL’ARBITRATO NEL PUBBLICO IMPIEGO

E’ VERO CHE ALCUNE NORME TENDONO A RIDURRE L’EFFETTIVITA’ DEL DIRITTO DEL LAVORO, MA SARANNO ESSE STESSE POCO EFFETTIVE

Intervista a cura di Renzo Parodi, pubblicata sul Secolo XIX il 6 marzo 2010

Genova. Il professor Pietro Ichino, giuslavorista, è anche senatore del Pd e ha seguito passo passo l’evoluzione del disegno di legge in materia di lavoro che il Senato ha licenziato in via definitiva e che introduce, tra l’altro, l’arbitrato volontario nelle controversie tra dipendenti e aziende. Gli abbiamo chiesto di chiarirci il senso della nuova normativa e di illustrarne gli aspetti più controversi.

Professor Ichino, a proposito del ddl appena approvato in via definitiva dal Senato, lei in aula ha dichiarato: “E’ un’occasione mancata per una riforma coraggiosa del diritto del lavoro”. Ovvero?

«Il mercato del lavoro italiano non ha bisogno di allentare l’applicazione delle leggi vigenti, ha bisogno di leggi nuove, leggi migliori ed efficaci . Questo provvedimento attenua l’effettività delle vecchia normative. Mi riferisco allo spirito che lo percorre in tutte le sue parti. E’ un minestrone caotico composto di 50 articoli in cui si parla di tutto: dai lavori usuranti ai gruppi sportivi delle forze armate e dei vigili del fuoco… In questa maionese impazzita, all’articolo 31 si è infilata una riforma del codice di procedura civile: un modo illeggibile e disorganico, episodico di legiferare. Il modo stesso in cui le norme sono state aggiunte nel corso dei quattro passaggi parlamentari durati un anno e mezzo conferma la disorganicità dell’intervento».

L’art. 31 norma l’arbitrato volontario?

«Le due norme in questione sono gli articoli 30 e 31 e anche l’articolo 48 per l’abbassamento a 15 anni dell’età minima per l’apprendistato. L’articolo 31 consente l’elusione delle norme inderogabili attraverso un meccanismo arbitrale, tuttavia non credo che se ne avvarrà la grande maggioranza delle imprese italiane. Hanno altro a cui pensare e difficilmente approfitteranno del meccanismo contorto e complicato previsto dalla nuova legge. Sarà un utilizzo marginale e indebolirà il lavoratore già debole, ad esempio nella piccola impresa, nella palude dei bad jobs questo strumento attecchirà di più».

Sacconi puntualizza che il ricorso all’arbitrato sarà possibile soltanto nei casi in cui ciò sia previsto dai contratti collettivi di lavoro. Le cose stanno così?

«No. Sarà consentito se previsto e disciplinato dal contratto collettivo,  ma dove non ci sia contratto collettivo applicabile potrà essere previsto anche dal contratto individuale certificato nella sede competente: l’ente bilaterale, l’università, ufficio del lavoro. In questo contratto certificato si potrà inserire la clausola compromissoria, cioè quella che devolve all’arbitro la risoluzione delle controversie su qualsiasi materia, non soltanto in tema di licenziamento».

E che cosa c’è di sbagliato?

«E’ il modo sbagliato di promuovere l’arbitrato. Noi del Pd avevamo proposto di inserire l’arbitrato sostitutivo della soluzione giudiziale (cioè del ricorso al giudice) in tutti i casi in cui il contratto collettivo è l’unica fonte di un diritto del lavoratore: ad esempio i diritti retributivi in materie relative all’inquadramento del lavoratore. In quei casi si sarebbe potuto consentire che i contratti collettivi, così come pongono il diritto, così dispongano i modi di gestione del diritto e delle relative controversie. Si sarebbe avuto un dimezzamento del contenzioso giudiziale, perché il 43% delle cause di lavoro sono in materia retributiva e il 18% in materia di inquadramento. Avremmo deflazionato il contenzioso, girandolo alle parti che hanno stipulato il contratto collettivo. L’emendamento è stato respinto senza spiegazioni ed è stata introdotta la clausola compromissoria a livello individuale».

Scelta che ha scatenato la reazione sindacale.

«Non sono tra quelli che gridano alla liberalizzazione selvaggia o alla destrutturazione del diritto del lavoro per ogni legge o leggina del centrodestra. Credo sia sbagliata questa polemica politica: a furia di gridare: “Al lupo! Al lupo!” quando il lupo arriva davvero la gente non ci crede più. Abbiamo fatto più volte questo errore politico. Queste nuove norme sono concettualmente sbagliate ma non avranno un effetto distruttivo sul diritto del lavoro, perché avranno di fatto un’applicazione ridottissima».

C’è altro da segnalare nel ddl omnibus appena approvato?

«La maggioranza ha fatto anche errori clamorosi, nel corso dell’operazione di erosione surrettizia della normativa vigente. Ad esempio, in materia di licenziamenti, la maggioranza voleva ridurre la discrezionalità del giudice nella valutazione del giustificato motivo di licenziamento.  Cosa che chiama indirettamente in causa l’art. 18. La formulazione del nuovo articolo è talmente sprovveduta che hanno ampliato la discrezionalità del giudice, scrivendo che egli dovrà tener conto dell’interesse oggettivo dell’impresa. In questo modo il giudice diventa arbitro del vero interesse dell’impresa, esautorando non solo l’imprendiotore ma l’intero sistema delle relazioni industriali. Arrivando a dire persino che il contratto collettivo è sbagliato. In questo modo si spalancano praterie sconfinate al protagonismo del giudice. Su questo punto anche i sindacati sono preoccupati. Ma le norme di gran lunga più pericolosa è un’altra».

Quale?

Quella (articolo 31, comma ottavo) che estende l’arbitrato alle controversie di impiego pubblico, che consentirà di eludere ogni regola in materia di immissioni in ruolo, promozioni, attribuzioni di funzioni dirigenziali .

 

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