La questione se, per regolare il rapporto tra umbrella company e lavoratore autonomo, sia meglio istituire un tipo contrattuale a sé, oppure consentire la simulazione di un contratto di lavoro intermittente, oppure consentire entrambe le possibilità
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Osservazioni di Donato Nubili, amministratore delegato di Smart-it, e Anna Soru, presidente di Acta, sul disegno di legge n. 2934/2017 – Seguono una mia risposta, una replica dei due interlocutori e una mia osservazione conclusiva – In argomento v. anche la mia relazione su Gli effetti dell’evoluzione tecnologica sul diritto del lavoro .
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Note al disegno di legge n. 2934
“Disposizioni in materia di lavoro autonomo mediante piattaforma digitale”
Il disegno di legge ha il merito di togliere da una sorta di “terra di nessuno” i platform workers, portandoli in un quadro normativo più chiaro e garantendogli alcune protezioni minime.
Risulta interessante la prospettiva per cui si intende assicurare tali protezioni a prescindere dalla definizione autonoma o subordinata del rapporto di lavoro, spostando il carattere principale della subordinazione dal potere di direzione e controllo a quello del contenuto assicurativo del rapporto.
Ci sembra che da questo approccio si possa giungere al riconoscimento da un lato di una tipologia di lavoratore che presenta al contempo elementi di autonomia e subordinazione, e dall’altro della funzione di innovazione sociale svolta da un certo tipo di imprese.
Tuttavia lo stesso disegno di legge presenta alcuni elementi di una certa rilevanza non condivisibili.
La platea, assai ampia, di possibili beneficiari resta infatti priva di tutele fondamentali quali il diritto al sussidio di disoccupazione; mentre la tutela in situazioni di maternità e malattia sarebbe largamente inferiore a quella garantita da un rapporto di lavoro dipendente. Per questo riteniamo che sia meglio utilizzare le fattispecie contrattuali già esistenti e non creare nuove fattispecie che da questo punto di vista risulterebbero “al ribasso”.
Condividiamo il modello dell’umbrella company e riteniamo che ampliare l’utilizzo di uno strumento già esistente quale il contratto intermittente possa soddisfare da un lato l’esigenza di tenere conto della natura discontinua delle prestazioni di questi lavoratori, dall’altro quella di garantire loro adeguate protezioni sociali e un equo compenso in modo da ridurne le caratteristiche di precarietà.
Il modello dell’umbrella company, come previsto dal disegno di legge presentato, può avere un’applicazione molto ampia, può rappresentare una soluzione anche per i lavoratori autonomi professionisti che non operano attraverso le piattaforme digitali. Può infatti diventare uno strumento per garantire un “welfare pieno” ai tanti professionisti, senza distinzione tra ordinisti e non ordinisti, che scelgono di lavorare in autonomia, ma legittimamente aspirano a tutele maggiori di quelle loro garantite dal loro status di lavoro autonomo, pur migliorato con il recente Statuto. Questo anche per garantire una continuità di copertura a fronte di una situazione lavorativa fluida che alterna o in molti casi affianca contratti di lavoro autonomo a contratti di lavoro dipendente.
Anche in questo caso il contratto intermittente può essere lo strumento più idoneo, se opportunamente ampliato.
L’occasione di ampliamento è data dal D. Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, che con l’articolo 13 comma 1 rimanda ad un successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali l’individuazione dei casi di utilizzo del lavoro intermittente.
In attesa dell’emanazione di questo decreto, resta in vigore la tabella del Regio Decreto 6 dicembre 1923 che individua una lista di tipologie di lavoro in gran parte anacronistica. E’ urgente aggiornare questa lista alle attuali esigenze del mercato del lavoro in cui l’intermittenza e la discontinuità sono tratti caratteristici di un insieme molto ampio di professioni, per poter garantire ad un’ampia platea di lavoratori tutele e garanzie che ora vengono loro negate.
Per rispettare il carattere di sostanziale autonomia delle prestazioni lavorative cui ci si riferisce, occorrerebbe infine consentire che le stesse possano essere intermediate, in virtù delle loro caratteristiche di autonomia, anche da organizzazioni mutualistiche partecipate e senza finalità di lucro, in modo da favorire l’auto-organizzazione di questi lavoratori e la costruzione di nuovi sistemi di rappresentanza. L’applicazione del contratto intermittente è infatti esclusivamente funzionale all’ottenimento di maggiori garanzie.
Un’alternativa interessante potrebbe essere mutuata dalla Francia che all’interno della legge n° 2014-856 del 31 luglio 2014 relativa all’economia sociale e solidale, con gli articoli 47 e seguenti, introduce la forma giuridica della Cooperativa di Attività e di Impiego, i cui soci sono “imprenditori dipendenti associati”.
Donato Nubile e Anna Soru
LA MIA RISPOSTA
Ringrazio molto Donato Nubile e Anna Soru di queste osservazioni circa il contenuto del disegno di legge che ho presentato insieme ad altri senatori, e che è ancora suscettibile di modifiche. Rispondo punto per punto, non certo per chiudere il discorso che resta apertissimo.
- Protezioni e tutele derivanti dal contratto di assistenza e protezione mutualistica – La formulazione attuale del disegno di legge mira a gravare il contratto stesso dell’onere minimo compatibile con le assicurazioni basilari, lasciando libere le parti di prevedere contenuti assicurativi aggiuntivi, se lo ritengono: la umbrella company potrà dunque offrire agli utilizzatori dei propri servizi delle varianti del contratto, con contenuti assicurativi diversi (cui corrisponderanno ovviamente quote di servizio diverse). Se invece la legge imponesse i contenuti assicurativi più alti, rischieremmo di ridurre indebitamente l’area di operatività delle umbrella companies nel grande mondo del lavoro autonomo (v. § seguente).
- Ampiezza della platea dei possibili fruitori del contratto di assistenza e protezione mutualistica – L’articolo 17-ter prevede che Lo stesso contratto di cui al comma 1 può essere stipulato anche da chiunque svolga attività di lavoro autonomo con modalità diverse da quelle di cui all’articolo 17-bis. Dunque, qualsiasi lavoratore autonomo può beneficiarne. La preoccupazione è che introdurre contenuti assicurativi inderogabili superiori rispetto al minimo inderogabile (Inail, Gestione separata Inps, Fondo di Garanzia Inps), con la conseguente imposizione anche di un premio assicurativo molto elevato (sul modello del lavoro subordinato) possa ridurre drasticamente.
- Utilizzabilità del contratto di lavoro intermittente nel rapporto tra u.c. e lavoratore autonomo – Questa prassi, in uso in altri Paesi europei come il Belgio in assenza di una disciplina legislativa della materia, costituisce una simulazione. Tra le parti, infatti, non si instaura affatto un rapporto di lavoro subordinato: la u.c. non diventa affatto creditrice, né tanto meno utilizzatrice della prestazione lavorativa che dovrebbe essere oggetto del contratto di lavoro. Per altro verso, la stipulazione di un contratto di lavoro dipendente pone a carico della stessa u.c. una serie di pesanti oneri e obblighi, che non hanno alcun senso nel rapporto tra la stessa e il lavoratore: per esempio l’obbligo di sicurezza e di prevenzione antinfortunistica, ivi compreso l’obbligo di informazione e formazione del lavoratore; oppure l’obbligo di pagamento della retribuzione in caso di malattia per la durata di un periodo minimo; oppure ancora l’obbligo di pagamento di un trattamento di fine rappporto. Se non vogliamo queste conseguenze, dobbiamo costruire un “guscio” contrattuale che abbia le caratteristiche ritenute necessarie, e solo quelle. La strada seguita nel disegno di legge non è sostanzialmente diversa da quella seguita dal legislatore francese (il quale, infatti, non prevede tra u.c. e lavoratore autonomo la stipulazione di un rapporto di lavoro subordinato). (p.i.)
LA REPLICA DI DONATO NUBILE E ANNA SORU
Sul § 1 – Se esistono “soluzioni low cost” queste saranno sempre preferite dalle imprese delle piattaforme. È comprensibile che non si vogliano frenare le potenzialità occupazionali che lo sviluppo delle piattaforme potrà portare, ma pensiamo che proprio perché si tratta di una tipologia di lavoro che potrà avere ampi sviluppi, sia necessario definirne con attenzione il sistema di tutele.
Sono lavori ad elevatissima flessibilità, flessibilità che può essere funzionale anche alle esigenze dei lavoratori stessi. Ma, per evitare che si trasformi in precarietà è importantissimo fare in modo che questi lavori siano pagati equamente e abbiano reali protezioni sociali.
Sul § 2 – Occorre aumentare il raggio di azione delle umbrella companies, ma anche dare la possibilità ai freelance che lo desiderano di accedere a un welfare migliore, che preveda cioè una migliore copertura delle situazioni di maternità, malattia e disoccupazione. Sappiamo che tutto questo ha un costo. Ciascuno potrà decidere se ne vale la pena. Ma rispetto ai nostri obiettivi non ha senso proporre un contratto che non cambierebbe significativamente l’accesso al welfare: sarebbe solo utile ai fini dell’elusione fiscale (nelle situazioni di regime agevolato è possibile uscire dal vincolo del fatturato che non deve superare i 30.000 euro l’anno, con un reddito aggiuntivo di tipo dipendente).
A nostro parere non è rilevante che il contratto di lavoro subordinato tra umbrella company e lavoratore costituisca una simulazione, se questo serve a migliorare il welfare cui può accedere un freelance. Perché non estendere ad altri lavoratori quello che oggi è consentito per le professioni artistiche?
Sul § 3 – Le umbrella companies si assumeranno tutti gli oneri previsti dalla legge, così come d’altra parte già fanno dove operano. Con riferimento al TFR sarebbe sufficiente permettere loro di includerlo nella retribuzione analogamente a quanto avviene già per i lavoratori dello spettacolo (per i quali è previsto un minimo contrattuale giornaliero).
Il contratto da Lei ipotizzato ha il merito di riconoscere l’esistenza di una tipologia di lavoratore a cavallo tra lavoro autonomo e lavoro dipendente, ma nel confronto con il contratto intermittente risulta perdente sul terreno delle tutele. In questo senso nuove fattispecie, proprio perché meno vincolanti e più leggere, potrebbero rappresentare una tentazione per un gioco al ribasso anche con riferimento alle situazioni per cui non sono state pensate.
Sarebbe certo utile, semmai, rivedere alcuni aspetti del contratto a chiamata che sono stati mutuati dal lavoro dipendente a tempo indeterminato, per rendere questo contratto più efficace nelle tutele ma meno oneroso in termini burocratici e quindi più idoneo a forme di lavoro intermittenti.
UNA MIA OSSERVAZIONE CONCLUSIVA
La possibilità che la u.c. stipuli con la persona interessata un contratto di lavoro subordinato (anche se in realtà le parti non intendono che la u.c. ne risulti creditrice e utilizzatrice effettiva della prestazione lavorativa) non viene esclusa dal disegno di legge qui in discussione. Sono anche d’accordo che nell’ordinamento italiano questa possibilità debba essere allargata, con la soppressione del divieto di stipulazione del contratto di lavoro intermittente con persone che abbiano più di 24 anni e meno di 55. Tuttavia – su questo anche i miei due interlocutori sembrano concordare – non si può imporre a tutti i platform workers e i freelance il regime assicurativo proprio del lavoro subordinato; se dunque vogliamo consentire loro di godere almeno di un regime assicurativo minimo essenziale, mi sembra necessario consentire che essi stipulino con la u.c. un contratto a ciò dedicato, che dia accesso almeno al regime della gestione separata dell’Inps e ad alcune altre protezioni indispensabili, come quella antinfortunistica. (p.i.)
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