LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULLA RIFORMA DELLE AMMINISTRAZIONI MOSTRA COME OGGI, ANCHE SU MATERIE DI PREMINENTE INTERESSE NAZIONALE, IL LEGISLATORE POSSA ESSERE PARALIZZATO DAL VETO ANCHE DI UNA SOLA DELLE VENTI REGIONI
Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 416, 26 novembre 2016 – Altri documenti e interventi sul tema della riforma costituzionale che è oggetto del referendum del 4 dicembre sono contenuti nella sezione Riforme istituzionali di questo sito .
Ieri ho commentato la sentenza della Corte costituzionale sulla riforma delle amministrazioni pubbliche con questi tre tweet: 1) la sentenza riguarda solo un aspetto procedimentale, non il contenuto sostanziale della legge Madia; 2) se il 4 dicembre la riforma costituzionale viene confermata, d’ora in poi non occorrerà più l’intesa Stato-Regioni: per le leggi che riguardano anche le Autonomie regionali basterà il Sì del Senato; 3) con la riforma costituzionale non occorrerà più l’unanimità delle Regioni: sulle leggi che le riguardano, i loro rappresentanti si esprimeranno in Senato a maggioranza. E, aggiungo ora, in modo trasparente: non nelle forme opache in cui questo è accaduto fin qui in seno alla Conferenza Stato-Regioni. Ma, soprattutto, con la riforma costituzionale verrà meno tutta l’area delle competenze concorrenti dello Stato e delle Regioni: verrà dunque eliminato l’oggetto stesso al quale questa sentenza della Consulta si applica. In conclusione: questa sentenza non fa che sottolineare l’utilità e l’urgenza della riforma. Resta però una domanda: perché la Corte, che ha molto opportunamente rinviato a dopo il referendum il proprio giudizio sulla legge elettorale, non ha fatto altrettanto per la legge Madia? Dopo il referendum, nel caso in cui avesse vinto il Sì, la Corte avrebbe potuto riconoscere la validità della soluzione adottata con questa legge sulla base dello ius superveniens; nel caso di vittora del No, il ritardo di dieci giorni non avrebbe tolto nulla alla sentenza pronunciata ieri.
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