COME VOTERÒ SU UNIONI CIVILI E STEPCHILD ADOPTION

CI SONO COPPIE INADATTE ALL’ALLEVAMENTO DEI FIGLI TRA GLI ETERO QUANTO TRA GLI OMOSESSUALI: LA CAUTELA SULL’ADOZIONE DEL FIGLIO DI UN PARTNER DA PARTE DELL’ALTRO È OPPORTUNA IN ENTRAMBI I CASI – MA PER MIGLIORARE IL DDL CIRINNÀ NON SI DEVE METTERNE A RISCHIO L’APPROVAZIONE

Appunti per l’intervento che svolgerò sul d.d.l. Cirinnà nella discussione generale, 2-3 febbraio 2016 – In argomento v. anche (oltre al mio intervento sul Corriere della Sera del 22 gennaio, Non esistono principi non negoziabili, e all’editoriale telegrafico di oggi, Quelle piazze unite dall0 slogan “No a tutte le mediazioni!”) soprattutto l’articolo di Maurizio Ferrera, del 25 gennaio scorso, Unioni civili: attenzione al test della libertà e la replica di Salvatore Carrubba Liberali tra unioni civili e matrimonio, entrambi pubblicati sul sito del Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi  .

Non sarei tra i firmatari del disegno di legge la cui discussione è incominciata in Aula al Senato giovedì scorso, se non ne condividessi il contenuto. Non riesco proprio a vedere come il riconoscimento dell’aspirazione di due persone dello stesso sesso a un rapporto affettivo stabile possa, neppure indirettamente, attentare all’istituto familiare tradizionale. Nella pluridecennale dura opposizione dei vescovi italiani a questo riconoscimento vedo non solo una invasione indebita da parte del magistero ecclesiastico della sfera che il Concilio Vaticano II riserva alla discrezionalità del legislatore civile, ma anche uno scostamento dal messaggio evangelico cristiano.

Quanto al possibile rapporto genitoriale tra il figlio di uno dei partner e l’altro partner, penso che: a) la questione vada risolta privilegiando l’interesse del minore; b) la realtà ci ponga davanti a una infinita varietà di casi, tale per cui, anche quando si assuma l’interesse del minore come bussola principale, non si dà alcuna soluzione normativa che non presenti vantaggi in una parte dei casi e svantaggi in altri; c) la complessità del fenomeno, dovuta all’infinita varietà della qualità degli adulti coinvolti, riguarda le coppie omosessuali tanto quanto quelle eterosessuali. Quelle dannose o inadatte all’affidamento di minori ci sono sia tra le prime, sia tra le seconde. E la realtà quotidiana ci mostra una grande quantità di casi di minori allevati – a volte in modo straordinariamente positivo, a volte con carenze affettive anche gravi – da un genitore solo, uomo o donna, da sole donne non madri, e anche, sia pure più raramente, da soli uomini non padri.

Ciò detto, sono convinto che soltanto il metodo sperimentale consentirebbe di compiere, in questo come in moltissimi altri campi, la scelta migliore sul tema dell’affidamento o adozione del figlio di un partner da parte dell’altro, massimizzando i vantaggi e minimizzando gli svantaggi. In attesa dell’esito di ricerche attendibili in proposito, la mia preferenza va alle soluzioni più prudenti, cioè quelle dell’“affido rafforzato” biennale o fino alla maggiore età del figlio biologico di uno dei partner, purché  riferite sia alle coppie omosessuali sia a quelle eterosessuali: il principio di cautela va applicato allo stesso modo in entrambi i casi. Se una di queste soluzioni si rivela politicamente impraticabile, considero l’attuale formulazione dell’articolo 5 del disegno di legge, che prevede anche per le coppie omosessuali l’adozione del figlio di un partner da parte dell’altro, senza periodo precedente di “affidamento rafforzato”, come un accettabile second best, con l’auspicio che la questione venga riesaminata, per le coppie di entrambi i tipi, nel contesto della riforma organica dell’intera materia dell’adozione e dell’affido familiare, di cui il Parlamento dovrà occuparsi nei prossimi mesi.

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