PER SUPERARE GLI SCONTRI IDEOLOGICI E RENDERE PRATICABILE CIÒ CHE È NECESSARIO PER SALVARE IL PAESE, L’UNICO MODO È TESTARE LE MISURE DA ADOTTARE COME SI FA CON I FARMACI
Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 287, 10 marzo 2014 – In argomento v. anche la mia relazione al convegno su La sperimentazione al servizio del diritto del lavoro, dove è affrontata, tra l’altro, la questione della legittimità costituzionale delle disparità di trattamento inevitabili nell’applicazione del metodo sperimentale – Per un esempio di applicazione possibile di questo metodo v. l’articolo 4 del d.d.l. 21 marzo 2013 n. 247 in materia di promozione dell’occupazione femminile.
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Venerdì sulla Stampa Luca Ricolfi ha spiegato in modo convincente perché una drastica riduzione del cuneo fiscale e contributivo sulle buste-paga dei nuovi rapporti di lavoro che aumentino l’organico aziendale – sostanzialmente una riedizione rafforzata del nostro d.d.l. n. 555/2013 – avrebbe molto probabilmente effetti positivi per il bilancio pubblico: essa infatti genererebbe un aumento dell’occupazione, quindi della creazione di ricchezza e del gettito fiscale, tale da compensare largamente la riduzione delle aliquote. Se, tuttavia, oggi il Governo non imbocca questa strada è perché la Ragioneria generale dello Stato bolla il ragionamento di Ricolfi come “copertura finanziaria presuntiva” della riduzione delle aliquote: “noi vogliamo coperture certe – dicono al Ministero dell’Economia – non frutto di congetture degli studiosi”. E così ci riduciamo alle misure omeopatiche.
Vero è che alla domanda se e quanto una riduzione del cuneo sulle buste-paga produca aumento dell’occupazione si può rispondere con certezza soltanto se si dispone di un dato: l’elasticità della domanda di lavoro, cioè il grado della sua sensibilità a una riduzione del costo del lavoro. Ora, questo dato potrebbe essere acquisito con un costo minimo mediante un esperimento su di un campione rappresentativo: si tratterebbe di applicare la misura drastica su di una zona limitata opportunamente scelta, utilizzando una zona statisticamente simile come “gruppo di controllo”, in modo da misurare con precisione come e quanto le imprese e i lavoratori reagiscono a una forte riduzione dell’imposizione sulle imprese stesse, e/o sui redditi da lavoro. Un po’ come si fa per testare gli effetti dei farmaci. Questo sarebbe anche un modo per superare dibattiti ideologici senza capo ne coda del tipo “si rilancia meglio l’economia detassando le imprese o i redditi di lavoro? riducendo l’IRAP o l’IRPEF?”. È vero che sperimentare richiede tempo; ma perdiamo più tempo discutendo all’infinito. Così condannandoci alle misure omeopatiche, cioè a star fermi; mentre una sperimentazione seria potrebbe rendere finanziariamente sostenibili misure molto più incisive, come quella proposta da Ricolfi. Non è eccessivo affermare che l’Italia oggi è bloccata anche per la sua incapacità di applicare il metodo sperimentale.
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