UNA VALUTAZIONE SINTETICA DEI CONTENUTI DELLA LEGGE FORNERO

SU TRE PUNTI FONDAMENTALI SEGNA UNA SVOLTA POSITIVA, MA IL LINGUAGGIO LEGISLATIVO È INCOMPRENSIBILE ALLA MASSA DEI DESTINATARI (E SULLO SFONDO RESTA INTATTO IL DIAFRAMMA FORMIDABILE CHE ANCORA IMPEDISCE AL NOSTRO TASSO DI OCCUPAZIONE DI ALLINEARSI AI LIVELLI DEL NORD-EUROPA)

Schema dell’intervento introduttivo svolto al seminario promosso dall’Aspen a Roma il 30 maggio 2012 – Per un’esposizione più compiuta v.  la mia relazione al convegno di Pescara dell’11 maggio 

Nei sette minuti che mi sono assegnati posso soltanto proporre – in forma estremamente sintetica – altrettanti spunti di riflessione che mi sembrano cruciali, su quel che il disegno di legge del Governo contiene di positivo e ciò che invece ancora manca.

  1. Nel ddl c’è il passaggio da un sistema di protezione della stabilità del lavoro nel quale la regola generale è (secondo la teoria generale del diritto) una property rule, la reintegrazione nel posto di lavoro, a un sistema nel quale la regola generale è una liability rule: dove non siano in gioco diritti assoluti della persona, la conseguenza della verifica giudiziale negativa può essere solo un indennizzo. Si avvia così a eliminazione una prima anomalia che ha caratterizzato fin qui il nostro ordinamento.
  2. Dopo 18 anni in cui si è discusso della necessaria riforma degli ammortizzatori sociali, senza cavare un ragno dal buco – né da destra, né da sinistra – per la prima volta si delinea una riforma che realizza un’assicurazione universale contro la disoccupazione capace di coprire tutta l’area del lavoro subordinato, e al tempo stesso riconduce la Cassa integrazione guadagni alla sua funzione originaria (cioè quella di tenere legato il lavoratore all’impresa nei periodi di difficoltà di quest’ultima). Si avvia così a eliminazione una seconda nostra anomalia.
  3. Per la prima volta da quando, circa trent’anni fa, ha incominciato a manifestarsi il fenomeno della “fuga dal diritto del lavoro” mediante il ricorso a collaborazioni formalmente autonome che mascherano lavoro sostanzialmente dipendente, si pone al centro dell’agenda il superamento del dualismo fra protetti e non protetti nel mercato del lavoro. È questa una terza grave anomalia che l’UE rimprovera al nostro mercato del lavoro.
  4. Però nel ddl manca, in primo luogo, una vera garanzia di assistenza intensiva al lavoratore che perde il posto, la quale costituisce al tempo stesso il presupposto fondamentale perché si attivi seriamente la condizionalità dell’erogazione del sostegno del reddito al lavoratore disoccupato.
  5. Il disegno di legge è, inoltre assolutamente deficitario sotto il profilo della necessaria corrispondenza rispetto alle guidelines fissate dalla UE nel Decalogue for Smart Regulation (Stoccolma, 2009): l’Italia ha bisogno di una legislazione del lavoro semplice, immediatamente leggibile da parte di tutti i suoi destinatari, traducibile facilmente in inglese per essere letta con facilità da tutti gli operatori stranieri. Questo della drastica semplificazione è un passaggio (già maturo sia sul piano politico, sia soprattutto sul piano tecnico) che dobbiamo mettere in agenda immediatamente dopo il varo di questo ddl.
  6. In alcuni passaggi di questa legge (soprattutto nella norma per il contrasto alle dimissioni in bianco) (1) affiora ancora una cultura giuslavoristica vecchia: quella che induce il legislatore a complicare notevolmente la vita a datori e prestatori di lavoro in 99 casi, per prevenire un abuso nel centesimo caso. Dimenticando che in questo modo si danneggia anche il centesimo lavoratore, perché la complicazione – generando un costo – ha un effetto depressivo sulla domanda di lavoro, quindi riduce le alternative.
  7. Andrà infine posto al centro dell’agenda – non ultimo per importanza: anzi, è questo il punto che riassume tutti gli altri – il problema dell’abbattimento del diaframma che oggi impedisce a una grande domanda potenziale di lavoro (soprattutto nel settore labour intensive dei servizi alla persona, alla famiglia e alle comunità locali) di entrare in comunicazione con una grande offerta potenziale: quella dei sette milioni di italiani, soprattutto donne, giovani, e cinquanta-sessantenni, che sarebbero dentro le nostre forze di lavoro se il sistema italiano funzionasse come quello svedese, e che invece oggi ne sono esclusi.

(1) I lettori di questo sito conoscono la soluzione del problema delle dimissioni in bianco, ben più semplice di quella adottata nel progetto del Governo e non meno efficace, proposta con il disegno di legge n. 884/2008, firmato insieme a me da tutti i membri Pd della Commissione Lavoro del Senato. 

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