SAREBBE MEGLIO DIFFERIRE L’APPLICAZIONE DELLA NUOVA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI AI VECCHI RAPPORTI DI LAVORO E MODULARE L’INDENNIZZO IN RELAZIONE ALL’ANZIANITÀ DI SERVIZIO DEL LAVORATORE
Intervista a cura di Eugenio Occorsio, pubblicata da la Repubblica il 26 marzo 2012
Sono stati lesi dei diritti o no?
La Consulta ha sempre affermato che il principio della reintegrazione nel posto di lavoro non corrisponde a un vincolo costituzionale. E non è neppure imposto da alcuna norma sovranazionale: altrimenti non si spiegherebbe che la reintegrazione automatica, come è prevista oggi dall’articolo 18, costituisca una peculiarità tutta italiana, che non ha eguali in Europa. Ciò non toglie che probabilmente è opportune differire l’applicazione della nuova disciplina ai vecchi rapporti di lavoro almeno di uno o due anni. Anche per consentire che tutti i vecchi equilibri contrattuali si riassestino in relazione al nuovo regime.
Come evitare i possibili abusi in materia di licenziamento economico, quando non ci sarà più la reintegrazione obbligatoria?
I giudici del lavoro sono perfettamente in grado di individuare i motivi discriminatori, vessatori o comunque illeciti, che possono nascondersi sotto i motivi economici addotti dall’imprenditore. E potranno farlo anche in via presuntiva, sulla base delle circostanze. Non si vede proprio perché, così come lo fanno in tutti i maggiori Paesi stranieri, non possano farlo anche da noi. Vedo semmai un difetto, in questa nuova formulazione della norma, nel non aver modulato l’indennizzo per il licenziamento in relazione all’anzianità di servizio: questo avrebbe consentito di rendere molto più fluida la parte iniziale del rapporto, e quindi appetibile per le imprese l’assunzione a tempo indeterminate di tutti coloro che non potranno più essere assunti in forma di collaboratori autonomi.
Come se ne uscirà? Il governo potrà accettare modifiche?
I miglioramenti possibili sono molti. Purché non siano nel segno del gattopardo. Cioè non servano per lasciare, in realtà, le cose come stanno.
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