AL POLITOLOGO, CHE CI FA UN SERVIZIO PREZIOSO ENTRANDO NEL MERITO DEL CONTENUTO DEL MANIFESTO DI WALTER VELTRONI, RISPONDO PROPONENDO ALCUNE PROPOSTE CHIARE E INCISIVE SU ALTRETTANTE QUESTIONI CRUCIALI PER RIMETTERE IN MOTO IL NOSTRO PAESE BLOCCATO
Editoriale pubblicato su Europa il 25 settembre 2010, in risposta all’editoriale di Luca Ricolfi sulla Stampa del giorno precedente
Sulla Stampa di ieri Luca Ricolfi ci fa un servizio prezioso: si prende la briga di leggere il “documento dei 75”, di analizzarne impietosamente il contenuto e discuterlo, dati alla mano. E, insieme a qualche diagnosi che gli appare sbagliata (“l’Italia immaginaria della sinistra” è il titolo del suo editoriale), denuncia qualche silenzio diplomatico e qualche indicazione ancora troppo generica, per paura di essere “indigeribile per il centrosinistra com’è oggi”. Provo a trarre profitto dalla critica corrosiva – e proprio per questo utilissima – cui Ricolfi sottopone la parte programmatica del documento, per dire come i difetti da lui denunciati potrebbero essere superati.
Amministrazioni pubbliche. La strategia giusta è quella fondata sui tre principi cardine della trasparenza totale, della valutazione indipendente e del benchmarking comparativo tra amministrazioni omologhe. La legge Brunetta del 2009 ha recepito questi principi, pur in modo imperfetto; ma essi sono ancora molto lontani dall’essere messi in pratica. Occorre precisarne meglio le modalità di attuazione e soprattutto trarne le conseguenze con determinazione e coerenza molto maggiori di quanto è stato fatto fin qui.
Scuola e università. Il discorso è in larga parte lo stesso: la ministra Gelmini ha enunciato scelte giuste, nel senso della valutazione oggettiva della performance istituto per istituto e ateneo per ateneo. Occorre però legare fortemente agli esiti della valutazione la destinazione delle risorse, in modo che dal taglio degli sprechi si possano estrarre le risorse per finanziare le strutture migliori: il contrario di quanto è stato fatto con la manovra di questa estate. In ogni caso, il punto di riferimento prioritario non può più continuare a essere, come lo è stato fino ad oggi, l’interesse dei docenti e degli altri addetti, ma l’interesse degli studenti.
Crescita economica. Per aumentare la produttività e la domanda di lavoro, e per migliorare le condizioni di lavoro, è indispensabile aprire il nostro Paese agli investimenti stranieri, che iniettano nel sistema risorse e innovazione. Se soltanto riuscissimo ad allinearci, per questo aspetto, rispetto alla media dell’UE, avremmo ogni anno qualche decina di miliardi di investimenti in più. Questo dunque deve essere un obiettivo centrale e prioritario. Per questo, certo, occorrono misure di medio e lungo periodo per la correzione dei difetti delle nostre amministrazioni pubbliche e delle nostre infrastrutture; ma possono produrre effetti immediati anche: a) la riduzione dei costi dei servizi alle imprese, attraverso l’aumento della concorrenza nei rispettivi mercati; b) la semplificazione e leggibilità (anche in inglese) della nostra legislazione, in particolare quella del lavoro, oggi illeggibile anche per gli esperti italiani; c) nuove regole per il sistema di relazioni industriali, che rendano più fluida la negoziazione dei piani industriali innovativi.
Lavoro. Occorre dunque un ordinamento del lavoro che abbia innanzitutto il carattere della semplicità, della leggibilità e della traducibilità in inglese: qui ci è facile fornire indicazioni programmatiche precisissime, facendo riferimento al disegno di legge n. 1873 presentato l’anno scorso da 55 senatori del Pd, che mostra come 200 leggi oggi in vigore possano essere ridotte a un Codice del lavoro di 70 articoli di facilissima lettura e applicazione per tutti. Lo stesso disegno di legge mostra come si possa ridurre il costo del lavoro e aumentare la sicurezza dei lavoratori senza perdite per l’Erario. E come si possa superare l’attuale apartheid tra protetti e non protetti nel segno della flexsecurity, cioè della coniugazione di una grande flessibilità delle strutture produttive con una grande sicurezza economica e professionale di tutti i lavoratori: tranne i casi classici di contratto a termine, tutti d’ora in poi devono essere assunti a tempo indeterminato, tutti protetti contro le discriminazioni, ma nessuno inamovibile; e in caso di perdita del posto, garanzia per tutti di un sostegno del reddito e una assistenza intensiva nella ricollocazione secondo i migliori modelli nord-europei, perché saranno interessate a garantirla le imprese stesse che licenziano. Inoltre, una drastica riduzione dell’irpef sui redditi di lavoro fino a 1000 euro al mese.
Relazioni industriali. Qui le indicazioni programmatiche precise sono quelle contenute nel disegno di legge gemello n. 1872: il contratto collettivo nazionale conserva la sua funzione di rete di sicurezza e di benchmark, applicabile – come in Germania – in tutti i casi in cui non ci sia un contratto di livello inferiore negoziato dalla coalizione che ne abbia il potere, secondo un elementare principio di democrazia sindacale.
Già sento le proteste: “queste non sono le proposte del Pd”. È vero: sono solo le proposte di 55 dei suoi senatori. Ne ho parlato qui soltanto per mostrare come si può rispondere positivamente, e con la precisione dovuta, alle critiche in larga parte giuste che Luca Ricolfi ci rivolge. I contenuti della risposta possono, ovviamente, essere anche molto diversi; purché siano altrettanto precisi e comprensibili per milioni di persone.